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Prime considerazioni sulla sentenza della Corte di Giustizia Europea – Sesta Sezione – del 16 dicembre 2021 “ Rinvio pregiudiziale – art. 63 TFUE- Libera circolazione dei capitali nella causa C-274/2020…”. Circolazione dei veicoli immatricolati all’ estero.

Dopo tre anni di distanza dall’entrata in vigore delle modifiche normative introdotte dal legislatore italiano nell’art. 93 del codice della strada ad opera del cosiddetto Decreto sicurezza, D.L. 113 del 2018 convertito in legge 132/2018, il cui nobile intento era di porre un freno al dilagante fenomeno dell’ estero vestizione, è arrivato, come un fulmine a ciel sereno, un primo stop da parte della Corte di Giustizia Europea.
A dire il vero gli attenti operatori del settore, appartenenti alle varie forze di polizia nazionali e locali nonché parte della dottrina sin dal esordio del nuovo divieto inserito nel c.1bis dell’ art. 93 del Cds avevano sollevato l’evidente contrasto con il principio della libera circolazione delle persone, merci e capitali stabilito dai Trattati fondamentali dell’ Unione Europea.
Tuttavia con l’ introduzione delle deroghe nel su menzionato art. 93 Cds, dapprima al c. 1ter in sede di elaborazione della nuova norma e poi al c1. Quinques, ad opera del primo decreto semplificazioni D.L. 76/2020 convertito con modificazioni nella L.120 del 2020, appariva superato il conflitto di norme, la cosiddetta antinomia, fra la norma nazionale e quella Unionale.
Ma alla fine la Corte di Giustizia Europea ha bocciato la norma del cosiddetto “decreto sicurezza” relativa al divieto per i veicoli con targa estera di circolare in Italia se condotti da cittadino residente in Italia da oltre 60 giorni, quando il veicolo venga affidato al cittadino a titolo di comodato d’ uso gratuito. Lo ha fatto evidenziando il forte impatto discriminatorio, proprio nei confronti del popolo Italiano, della norma e la non corrispondenza della stessa alla tutela di un interesse generale.
Da una breve disamina della sentenza de quo, emergono particolari fondamentali che smantellano ad uno ad uno le giustificazioni addotte dal Governo italiano in giudizio davanti ai giudici della Corte.
Per chi non ha tanta dimestichezza col diritto dell’ Unione Europea ebbene precisare che le sentenze della Corte di Giustizia Europea fanno testo nella normativa nazionale degli stati membri, la Corte interpreta il diritto dell’ Unione Europea in modo che lo stesso venga applicato uniformemente in tutti gli Stati membri.
Le sentenze interpretative della Corte Europea vincolano il giudice nazionale italiano, il quale in un eventuale giudizio sottoposto alla sua competenza, dovrà disapplicare la norma nazionale in contrasto con l’ordinamento giuridico europeo. Rappresentano, inoltre, un precedente vincolante anche per gli altri giudici degli Stati membri.
Per fare un paragone con quanto accade in Italia, le sentenze della Corte di giustizia Europea hanno lo stesso effetto per i giudici degli Stati membri delle sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sua funzione nomofilattica, per i giudici italiani esse costituiscono il precedente giuridico vincolante.
Ma veniamo in ordine, Il ricorso alla Corte U.E. è di natura incidentale, ed ai sensi dell’ articolo 267 del TFUE viene inoltrato dal Giudice di pace di Massa Carrara alla Corte, per una causa sottoposta allo stesso che vedeva coinvolto una coppia di coniugi, la moglie residente all’ estero ed il marito residente in Italia il quale veniva sorpreso a circolare, dalla polizia stradale, all’ uscita di un supermercato con un veicolo immatricolato in Slovenia a nome della stessa moglie anche ella presente a bordo del veicolo in quell’ occasione.
Si trattava quindi di un mero comodato d’uso gratuito fra privati, che comunque era in contrasto, all’ epoca dei fatti, con l’ art. 93c 1 bis e 7bis Cds , pertanto gli agenti operanti hanno applicato correttamente la norma in esame e comminato loro una sanzione amministrativa con annesso sequestro del veicolo indicandogli la possibilità di esportare il veicolo all’ estero con targhe e foglio di via ai sensi dell’ art. 99 Cds oppure di reimmatricolare il veicolo in Italia.
I due hanno proposto ricorso al Giudice di pace di Massa Carrara il quale ravvisando, nel divieto previsto dalla norma italiana di cui all’ art. 93 c.1 bis C.d.S., violazione dei diritti fondamentali sanciti dal Trattato sul funzionamento dell’ Unione Europea ha sospeso il giudizio ed inoltrato tutto alla Corte di giustizia Europea.
Il giudice italiano “ha inoltre ritenuto che l’anzidetto divieto costituisca, da un lato, una discriminazione fondata sulla nazionalità e, d’altro lato, una limitazione all’esercizio di taluni diritti riconosciuti quali il diritto alla libera circolazione e soggiorno” sanciti dagli articoli 18,21,26,45 eda 49 a 62 del T.F.U.E.
Per questo, ha chiesto il pronunciamento della giustizia europea.
Ebbene la predetta Corte, nelle questioni pregiudiziali, ha sottolineato che un prestito, a titolo gratuito, fra due cittadini residenti in Stati membri diversi per uso transfrontaliero di un autoveicolo costituisce, prima di tutto, un movimento di capitali sancito dall’ art. 63 del T.F.U.E. il quale prevede “ specifici divieti di discriminazione” ed ha ritenuto inapplicabili gli altri articoli richiamati dal Giudice onorario Italiano ad eccezione dell’ art. 21 del T.F.U.E. relativo al diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Il diritto di un cittadino dell’ Unione di contrarre prestiti in un’ altro Stato membro, ai sensi dell’ art. 63 del T.F.U.E., non può essere assoggettato a restrizioni imposte dalla normativa degli Stati membri, pertanto trattandosi il comodato d’ uso gratuito fra cittadini dell’ Unione, di un prestito che consente la facoltà di utilizzo della cosa prestata non può essere assoggettato a restrizioni.
L’ art. 93 c. 1 bis e c. 7bis del C.d.S. italiano, nella parte in cui vieta al cittadino residente in Italia da più di 60 giorni, di circolare con un veicolo concessogli a titolo di comodato d’ uso gratuito da altro cittadino residente in altro Stato membro, di fatto lo obbliga ad un adempimento eccessivamente oneroso quale l’ immatricolazione in Italia, il pagamento della tassa di circolazione Italiana e della relativa copertura assicurativa di un veicolo già immatricolato ed assicurato in uno Stato membro e per il quale la tassa di circolazione, ove esistente, sia stata pagata già in quello Stato.
Pertanto la predetta norma costituisce una restrizione incompatibile con il principio di libera circolazione dei capitali all’ interno del territorio dell’ Unione Europea ed una discriminazione per i cittadini italiani.
A nulla sono servite le cause di giustificazione della restrizione sollevate dal Governo Italiano il cui obiettivo principale esposto alla Corte è stato quello di evitare che cittadini residenti in Italia, mediante l’ utilizzo abituale sul territorio nazionale di veicoli immatricolati all’ estero, possano commettere illeciti quali il mancato pagamento delle tasse, dei pedaggi autostradali, eludere sanzioni amministrative previste dal C.d.S. , fruire di premi assicurativi più vantaggiosi ed in ultimo la notevole difficoltà per le forze di polizia Italiane di procedere all’ identificazione degli effettivi conducenti.
L a Corte ha ribadito, nella sentenza de quo in risposta al lamentato mancato introito delle tasse da parte del Governo Italiano, la possibilità per lo Stato membro di assoggettare ad un’ imposta di immatricolazione “un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, qualora tale veicolo sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel territorio del primo Stato membro in via permanente oppure venga, di fatto, utilizzato in tal modo”. (Sentenza del 26/07/2021, van Putten, daC-578/10 a C-580/10, EU:C:2012:246, punto 46 e giurisprudenza ivi citata.).
La Corte ha, inoltre, stabilito che le giustificazioni del Governo Italiano di prevenire gli abusi che possano commettersi con un veicolo immatricolato all’ estero non possono basarsi su una “ presunzione generale di abuso”.
Le conclusioni a cui giunge la Corte sono: “L’ art. 63, paragrafo 1 del T.F.U.E. deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un’ altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’ interessato possa far valere un diritto ad un ‘esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo.”
In sostanza la Corte invita il giudice italiano e conseguentemente il governo Italiano a tener conto della temporaneità dell’utilizzo del veicolo sul territorio nazionale e del suo utilizzo a titolo di comodato d’ uso gratuito da parte di soggetto residente in Italia da più di 60 giorni.
Sarà necessario, a parere dello scrivente, una nuova e più chiara riformulazione dell’ art. 93 del C.d.s. che tenga conto di quanto indicato dalla Corte e che introduca magari la possibilità di registrazione a titolo gratuito, presso l’ Agenzia delle Entrate, dei contratti di comodato d’ uso gratuito di veicoli immatricolati in Unione Europea e ceduti, ad esempio, per periodi superiori a 30 giorni a cittadini italiani, un po’ come avviene per i veicoli immatricolati in Italia concessi in uso a terzi secondo il disposto di cui all’ art. 94 c.4bis C.d.S ed introduca dei limiti temporali, in osservanza al disposto della Corte, all’ utilizzo di tali veicoli. Affinché gli stessi non vengano utilizzati esclusivamente sul territorio Italiano ed in caso di inosservanza dei limiti temporali si applichi anche la tassa di immatricolazione secondo l’ ordinamento giuridico Europeo, così come ribadito anche nella predetta sentenza della Corte di Giustizia.
Oppure sempre a titolo esemplificativo, per consentire agli organi di controllo di comprendere la data di inizio del comodato d’ uso transfrontaliero, l’ apposizione sui contratti di una data certa, secondo le procedure indicate nel codice dell’ amministrazione digitale di cui al D. Lgs 82/05, che sia facilmente verificabile dai predetti organi.
Staremo a vedere se e come il legislatore italiano intenderà uniformarsi alla predetta sentenza, sta di fatto che ognuno di noi comprende benissimo la difficoltà e la delicatezza degli interessi in gioco e degli eventuali e successivi sviluppi negativi per le pubbliche amministrazioni Italiane in caso di condanna in giudizio, nonché per gli stessi agenti operanti dal momento in cui la Costituzione Italiana all’ art. 28 introduce delle precise responsabilità per i dipendenti pubblici.
In virtù di quanto suddetto mi sento di consigliare di operare nel controllo di veicoli immatricolati all’ estero con molta oculatezza e diligenza.
Nell’ auspicio di assistere nel futuro prossimo ad una nuova normativa nazionale più efficace, rispettosa dei principi sanciti dal diritto primario dell’ Unione Europea e che non si tramuti nell’ ennesimo “ liberi tutti” che ci farebbe ritornare in un attimo ad un passato che sembrava dimenticato.
Dott. Luigi Ambrosino