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GIORNATA GRATUITA DI STUDI PER GLI OPERATORI DI POLIZIA E DEL VOLONTARIATO AMBIENTALE

 

GIORNATA GRATUITA DI STUDI PER GLI OPERATORI DI POLIZIA E DEL VOLONTARIATO AMBIENTALE
28 maggio 2022 Torre Orsaia (SA) dalle 15:00

Per partecipare all’evento e ricevere l’attestato è obbligatorio compilare il modulo di iscrizione al seguente link: https://forms.gle/aGqn5aZCBcRJZXSm8

Il convegno, organizzato dall’ Associazione GUARDIA RURALE AUSILIARIA COORDINAMENTO PROVINCIALE DI SALERNO, è rivolto alle Amministrazioni Comunali e Provinciali, agli organi di controllo – Polizie Locali e Nazionali, addetti all’Ufficio Ambiente , servizi di Vigilanza Ambientale Volontaria e sorveglianza delle strade ed aree pubbliche nonché a privati cittadini. Verranno presentate con un taglio prevalentemente pratico operativo, le novità e gli aspetti di maggiore interesse, relativi al Testo Unico Ambientale, D. Lgs. 152/2006, parte IV^ Gestione dei rifiuti e “abbandoni” mettendo in rilievo il difficile compito affidato ai Comuni in materia e la possibilità di prevedere un controllo maggiore mediante l’istituzione dell’ispettore ambientale volontario del Comune già presente in molte realtà con tante altre che si stanno organizzando. L’intento è quello di sensibilizzare sia le amministrazioni Comunali sia i cittadini sul problema relativo alla gestione dei rifiuti e nella necessità di una puntuale attuazione dei sistemi di raccolta differenziata, riduzione dei rifiuti nonché della igiene e pulizia delle città sfruttando l’opportunità di utilizzare, mediante l’istituzione di un apposito servizio, anche il mondo del volontariato previamente formato e dotato di un’elevata competenza sia giuridica che tecnico- professionale, in compiti di supporto agli organi delegati ai controlli ed in particolare alle amministrazioni Comunali.

A cura del Dott. Giuseppe Aiello, Comandante Polizia Municipale del Comune di Lioni (AV), Esperto in tutela ambientale.




AMIANTO, MATERIA DELICATA, a cura del Dott. Aiello

INIZIA UN PERCORSO A TAPPE CHE CI PORTA AD APPROFONDIRE UN ARGOMENTO DI POLIZIA AMBIENTALE PARTICOLARMENTE IMPORTANTE

Estratto dal n.6 della rivista PolMgazine, link: http://www.pol-italia.it/polmagazine

Ho scelto di trattare questo argomento in quanto ripetutamente mi giungono richieste da parte di operatori addetti ai controlli, di chiarimenti per fattispecie relative alla presenza di amianto, argomento disciplinato da molteplici  normative sulle quali ho ritenuto doveroso soffermarmi dettagliatamente nelle distinte cinque parti del lavoro che ho inteso predisporre a chiarimento della problematica e che verranno integralmente pubblicate nella rivista secondo l’ordine cronologico indicato nella presente premessa. La scelta di suddividere il lavoro in cinque distinte parti è dovuta al fatto che sono diversi gli aspetti tecnico giuridici che interessano il fenomeno derivante dall’amianto ed è per questo necessario disporre di adeguato spazio per approfondire, nella sua totalità, l’argomento cercando di non appesantire, più di tanto, chi legge. Nella prima seconda e terza parte, denominata “La rimozione dell’amianto dagli edifici: procedure e modalità operative diverse” verrà preso in esame la presenza dell’amianto nelle costruzioni e le modalità di rimozione dello stesso a mezzo di Ordinanza sindacale proprio per questo, nella terza parte, verrà proposta una bozza di ordinanza da poter utilizzare nei casi di bisogno. La quarta e quinta parte, invece, denominate “Procedure operative in materia di abbandono di rifiuti contenenti amianto (illeciti penali e sanzioni amministrative)” saranno dedicate ai rinvenimenti di rifiuti abbandonati contenenti amianto con indicazione delle procedure da seguire e gli atti da redigere da parte degli operatori addetti ai controlli.

La rimozione dell’amianto dagli edifici: procedure e modalità operative diverse procedure operative in materia di abbandono di rifiuti in amianto. 

Parte I L’amianto: cos’è?

Parte II La normativa e il divieto di utilizzare materiale in amianto.

Parte III La rimozione dell’amianto dagli edifici: ordinanza sindacale a tutela della salute pubblica.

Procedure operative in materia di abbandono di rifiuti in amianto.

Parte IV L’amianto come rifiuto

Parte V Le ipotesi di violazioni relative ai rifiuti in amianto

La rimozione dell’amianto dagli edifici: procedure e modalità operative diverse.

In greco la parola amianto significa immacolato e incorruttibile e asbesto, così come può essere anche chiamato, significa perpetuo e inestinguibile. L’amianto, o asbesto, è una sostanza minerale naturale a struttura microcristallina, di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. In natura l’amianto è molto diffuso in quanto i silicati rappresentano uno dei componenti fondamentali della crosta terrestre. La struttura fibrosa dell’amianto è molto addensata e particolarmente sottile. Per rendere l’idea di quanto siano compatte e numerose le fibre in amianto, basti pensare che in 1 mm si possono disporre circa 25 capelli, mentre di fibre di amianto ce ne stanno ben 33.500 circa.

 

“La struttura fibrosa dell’amianto è molto addensata e particolarmente sottile”

Una storia lunga.

La tipologia strutturale delle fibre di amianto attribuisce a tale minerale particolari caratteristiche che ne hanno determinato un largo uso e impiego soprattutto tra gli anni 60 e 80. Addirittura lo portavano sempre con sé i pompieri, nelle loro uniformi. Resiste al fuoco e al calore, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura (termica e meccanica), isola tetti, pareti e tubature. È facilmente filabile e può essere tessuto. Si lega facilmente con alcuni polimeri (gomma, PVC) e materiali da costruzione (calce, gesso, cemento). In composizione con il cemento forma il fibrocemento, che è altresì un marchio registrato, brevettato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek come “Eternit”. Praticamente è un minerale indistruttibile, non infiammabile, molto resistente all’attacco degli acidi e alla trazione, flessibile, dotato di buone capacità assorbenti, facilmente friabile. Grazie alla sua grande versatilità e al costo contenuto, è stato usato ampiamente e per anni nelle industrie edilizie e per fabbricare prodotti di consumo in mezzo mondo. L’utilizzo dell’amianto sembra essere cominciato addirittura nel 3000 a.C. quando veniva aggiunta l’Atonfillite nella terractta per rinforzare le stoviglie fabbricate in quel materiale. Si racconta, poi, che Carlo Magno indossasse una coperta di amianto per impressionare gli amici in giochi da fochista.

È una sostanza cancerogena

Le sottilissime fibre di amianto attribuiscono al materiale un alto livello di pericolo per la salute umana, che si determina quando esiste la possibilità che esse siano inalate. La presenza in sé di amianto non implica necessariamente un danno per la salute. Il rischio di inalazione di fibre è strettamente legato alla friabilità del materiale. I materiali contenenti amianto, pertanto, vengono classificati come friabili e compatti:

Friabili: possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere con semplice azione manuale;

Compatti: materiali duri (ad esempio, cementoamianto), che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere solo con l’impiego di attrezzi meccanici.

Il pericolo concreto per la salute umana è, come su evidenziato, legato alla dispersione delle fibre che possono essere diffuse nell’aria a seguito della manipolazione o lavorazione di materiali che le contengono. Può verificarsi dispersione spontanea nel caso di materiali friabili usurati o sottoposti a vibrazioni, correnti d’aria, urti. Per i materiali compatti contenenti amianto, come le coperture degli edifici in cemento amianto (eternit), il rischio è, in generale, molto basso ed è comunque legato allo stato di manutenzione dei materiali che possono diventare un rischio se abrasi o danneggiati. Gli immobili che contengono amianto compatto, ove è garantito che non sussista rischio di dispersione delle fibre, non è considerato fonte di pericolo e quindi risulta legittimo, in base alla normativa vigente, il relativo uso. È verso gli anni 60 che si iniziò a dubitare della sicurezza e non pericolosità delle fibre di amianto. Vari scienziati nel mondo denunciarono la sua cancerogenicità ma ovviamente i grandi colossi della produzione Eternit fecero finta di nulla, minimizzando il problema.

“In 1 mm si possono disporre circa 25 capelli, mentre di fibre di amianto ce ne possono essere quasi 33.500”

Un Killer silenzioso…

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, sono oltre 100 mila persone nel mondo, 15 mila in Europa, che perdono la vita ogni anno a causa delle neoplasie indotte dell’inalazione delle fibre di amianto. Il nostro paese ne è stato il maggior consumatore e il secondo produttore in Europa, dopo la Russia, con oltre 5 milioni e 600 mila tonnellate di amianto grezzo utilizzate in ogni settore industriale e civile che si sono trasformate in 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto. Oltre 560 mila lavoratori ne sono venuti a contatto, in ogni comparto professionale, dall’edilizia alla cantieristica fino alle forze armate. Ecco perché il nostro è uno dei paesi più colpiti: l’amianto continua a causare la morte e la malattia di oltre 3 mila persone in Italia ogni anno, secondo le stime dell’Associazione italiana di oncologia medica. La sua bonifica è una grande opera di risanamento ambientale che sconta, oltre la cronica mancanza di fondi, enormi ritardi, in parte dovuti al mancato coordinamento tra stato, regioni e comuni. Dal 1992, con la legge n. 257 del 12 marzo 1992, l’Italia ha messo al bando l’amianto.

Estratto dal n.6 della rivista PolMgazine, link: http://www.pol-italia.it/polmagazine

 

A cura del Dott. Giuseppe Aiello

Comandante della Polizia Municipale di Lioni (AV)

Esperto in tutela ambientale e gestione dei rifiuti




MANCATA RIMOZIONE DELL’ AMIANTO DA PARTE DEL COMUNE : RESPONSABILITA’ DEL SINDACO E DIRIGENTE (un obbligo di diligenza rafforzato) di Giuseppe Aiello , Comandante della Polizia Municipale di Lioni AV

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Il lavoro che di seguito vi propongo, riguarda la mancata rimozione di amianto da immobile Comunale, prende spunto da un quesito formulatomi da appartenenti ad un Comando di Polizia Locale che sinteticamente viene così di seguito riportato .

IL CASO

“ L’ ASL, a seguito di ricorso, segnala al Comune la presenza di potenziale  pericolosità  derivata da  materiali  in  amianto  presenti su due manufatti, uno dei quali di proprietà dello stesso Comune. Tale pericolosità dipende dalla possibilità, valutata dai tecnici, che dai materiali contenenti amianto presenti sulle strutture vengano   rilasciate    fibre    aerodisperse nell’ambiente che possono venire inalate da chi frequenta detti luoghi . Il Comune ha provveduto ad ordinare ai proprietari degli immobili la rimozione del materiale in amianto e di conseguenza gli stessi hanno ottemperato al disposto Sindacale eliminando il pericolo, mentre l’immobile di proprietà del Comune non è stato bonificato proprio per inerzia della Pubblica Amministrazione. L’esponente (destinatario dell’ordinanza) chiede informazioni alla Polizia Municipale.

 Come comportarsi???

 

Risposta :

La mancata rimozione dell’Amianto: la responsabilità del Comune

Purtroppo casi del genere, dovuti a pubbliche amministrazioni che vengono meno ai propri doveri, nel caso di specie mancata rimozione di materiale in amianto, accadono di frequente.

Infatti, nel quadro rappresentato dal quesito in esame, non sono solo i soggetti privati a venire gravati di precisi obblighi di intervento; esistono infatti, chiari doveri della Pubblica Amministrazione e dei suoi dipendenti posti a garanzia del funzionamento del sistema delineato dal legislatore, il cui rispetto è una precondizione fondamentale.

In questo caso, proprio la natura pubblica del soggetto titolare del bene sul quale vi è l’obbligo di intervento consente di richiedere un grado di diligenza superiore a quella che si richiederebbe a un soggetto privato nella medesima situazione, ritenendo esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative necessarie a impedire o quanto meno a limitare gli eventi contestati che hanno oltretutto ricaduta sulla salute pubblica.

Secondo il Consiglio di Stato, (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2020, n 6326; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2019, n. 3518), quando si tratta di un ente pubblico, istituzionalmente preposto alla gestione di un bene pubblico, non è sufficiente aver genericamente preso misure per evitare il verificarsi dell’evento, né aver adottato le misure richieste dalla diligenza media del buon padre di famiglia in quanto le stesse devono essere commisurate al ruolo di garanzia e di tutela che un ente pubblico deve avere nei confronti di beni e diritti la cui rilevanza è presidiata a livello costituzionale quali l’ambiente e la salute pubblica.

Senza ombra di dubbio, il Comune, proprietario dell’immobile, al pari del soggetto privato, è tenuto alla rimozione del pericolo derivante dalla presenza di materiale in amianto, l’omessa rimozione e/o attivazione del procedimento atto ad eliminare la fonte dell’inquinamento si traduce immediatamente in una precisa responsabilità del pubblico funzionario e del Sindaco che vi erano tenuti, in base alle rispettive competenze rivestite.

Gli impiegati dipendenti dalle Pubbliche amministrazioni possono infatti essere chiamati a rispondere del loro operato sul piano penale e anche patrimoniale davanti alla Corte dei Conti, a seguito di un giudizio civile che abbia condannato la P.A. al risarcimento di un danno procurato a terzi da un proprio dipendente (danno erariale indiretto), di un giudizio davanti al giudice amministrativo in cui la P.A. sia stata condannata a risarcire i danni causati a privati cittadini (danno erariale indiretto) ovvero quando, a seguito di una condotta commissiva o omissiva, il dipendente abbia cagionato direttamente un danno alla P.A. (danno erariale diretto).

Deve pertanto affermarsi che nel vigente ordinamento esiste un preciso obbligo dell’Amministrazione Comunale di tutelare la salute pubblica e nel caso di rimuovere, al pari dei soggetti privati, l’amianto presente su immobile di sua proprietà. Infatti, la bonifica dei siti contaminati, costituisce uno strumento necessario di tutela delle risorse ambientali e della difesa della salute umana, rivestendo un ruolo importante anche ai fini della valorizzazione del territorio. Al riguardo la Corte Costituzionale ha affermato che le attività di bonifica sono attinenti allo sviluppo economico della produzione agricola, dell’assetto paesaggistico e urbanistico del territorio e alla difesa del suolo intesa in senso lato (cfr. Corte cost. 1992, n. 66, in Giur. Cost., 1992, p. 362).

Si tenga presente che in materia di bonifiche dei siti inquinati l’art. 250 del D.lgs 152/2006 stabilisce che “qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano nè il proprietario del sito nè altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione.

In tema di responsabilità del sindaco per gestione illecita di rifiuti va considerata la distinzione operata dall’art. 107 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali fra i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo, e i compiti di gestione attribuiti ai dirigenti, che delinea un quadro generale di riparto di responsabilità, rispetto al quale la responsabilità del Sindaco o va rinvenuta in concreto, in ragione della adozione diretta di iniziative idonee a determinare un effettivo contributo alla gestione incriminata, oppure, in presenza di una gestione effettuata attraverso soggetti interposti, viene in rilievo attraverso il dovere di attivazione del sindaco allorché gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l’integrità dell’ambiente (Cass. Sez. III n. 13121 del 28 aprile 2020 (UP 6 feb 2020)

In particolare in tema di rifiuti, è stato precisato che, “anche a seguito dell’entrata in vigore dell’ordinamento degli enti locali (Dlgs 267 del 2000, e successive integrazioni), che ha conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse, permane in capo al sindaco sia il compito di programmazione dell’attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia il potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti; sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate.

Secondo pacifico orientamento giurisprudenziale << E’ responsabile del reato di omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), il sindaco che a fronte di reiterate denunce di organi pubblici nonchè di privati cittadini nell’arco temporale durato anni ha omesso di assumere qualunque iniziativa atta ad imporre al proprietario lo smaltimento di lastre di eternit (amianto) accatastate alla rinfusa ed all’aperto su di un terreno>> sentenza n.1657 del 16 gennaio 2020, Corte di cassazione VI sez.pen;

La responsabilità di cui all’art 328 c.p. travolge, oltre al Sindaco, anche il dirigente pubblico che non si adopera per eliminare il pericolo , in questo caso la responsabilità amministrativa, deve essere valutata in ordine alla possibilità per il dipendente pubblico di avere causato, mediante omissione o ritardo degli atti che l’ordinamento interno pone a sua disposizione.

L’inerzia della Pubblica amministrazione, dovuta all’ inadempienza ad obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, previsto dalla legge, potrebbe, come si è già sopra osservato, tradursi in responsabilità penalmente rilevante sia per il Sindaco che per il Dirigente preposto infatti le fattispecie poste a garanzia degli obblighi di bonifica sono molteplici:

L’ art. 257, D. Lgs. N. 152/2006, che sanziona «chiunque cagiona l’inquinamento […] se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato»

L’art. 452-terdecies, c.p. “Omessa bonifica”, sanziona il non adempimento all’obbligo di bonificare.

Il primo è un reato d’evento (superamento delle CSR), integrato poi dalla condotta difforme dal piano approvato o dall’impedimento della formazione dello stesso (ad esempio omettendo la comunicazione ex art. 242 o non attuando il piano di caratterizzazione, cfr. Cass. pen. Sez. IV, Sent. n. 29627/2016)

Il secondo più grave reato è integrato dalla mera condotta omissiva, posto che presupposto dell’obbligo di bonifica è comunque un superamento delle soglie di rischio

Il reato di omessa bonifica

Il reato di omessa bonifica configura un illecito di tipo omissivo, nel quale l’obbligo giuridico di procedere alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi può discendere dalla legge, dall’ordine del giudice o da un provvedimento di un’autorità pubblica. L’articolo 452 terdecies del codice penale, inserito con la legge 22/05/2015 n. 68, prevede che “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da € 20.000 a € 80.000”. Appare evidente che il delitto di cui all’art. 452 terdecies c.p. non si sovrappone con l’ipotesi contravvenzionale di cui all’ art. 257 del Dlgs 152/2006, comma 1, il quale prevede l’arresto da 6 mesi a 1 anno o l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro per chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr), se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli artt. 242 e seguenti.

L’art. 257 del Dlgs 152/2006, come modificato dalla legge n. 68/2015 ha introdotto una clausola di riserva “Salvo il fatto costituisca più grave reato”. Pertanto l’art. 257 predetto può trovare applicazione solo nell’ipotesi di un superamento delle soglie di rischio che non abbia raggiunto (quanto meno) gli estremi dell’inquinamento, ossia che non abbia cagionato una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dei beni (acqua, aria, suolo ecc.) elencati dall’art. 452 bis c.p. (inquinamento ambientale) e limitatamente ai casi dell’omessa bonifica che deve essere realizzata secondo il relativo progetto approvato. Pertanto ricadono nel nuovo reato di omessa bonifica di cui all’art. 452 terdecies c.p. tutte le altre differenti condotte omissive.

Occorre rilevare che l’art. 452 terdecies c.p., a differenza dell’art. 257 Dlgs 152/2006, imputa l’obbligo di bonifica non solo a chi è prescritto per legge, ovvero l’autore della contaminazione, ma anche a colui che ha ricevuto l’ordine dall’autorità pubblica o dal giudice e prevede la contestazione del delitto anche in caso di omesso ripristino e di omesso recupero dello stato dei luoghi. Pertanto tra le due norme sussiste necessariamente un rapporto di specialità.

CONCLUSIONE

Prima di dare seguito alla richiesta di accesso agli atti da parte del soggetto interessato (che ha ottemperato all’Ordinanza di rimozione) è opportuno rivolgere formale richiesta all’ ufficio Ambiente del Comune e al Sindaco per conoscere il nominativo del responsabile del procedimento e le ragioni che sin alla data odierna non hanno permesso di rimuovere il materiale in amianto. La nota, e la conoscenza di diretti interessati al procedimento, potrebbe agire quale stimolo ad adempiere per entrambi i soggetti. Logicamente il delitto di omessa bonifica di cui all’art. 452 terdecies c.p è reato perseguibile d’ufficio e come tutti i procedimenti similari devono essere portati alla conoscenza dell’A.G. .

                             

*..Dott. Giuseppe Aiello, Comandante della Polizia Municipale di LIONI (AV)

Docente e consulente  in Ambiente della scuola giuridica di formazione DIRITTOITALIA / Scuola Regionale P.L. Campania, ecc.. Si occupa in particolare della tutela ambientale gestione dei rifiuti tecnica investigativa Ambientale, istituzione del servizio di ispettori ambientali comunali  ed organizza, in qualità di docente, in queste specifiche materie, appositi corsi di formazione ed aggiornamenti riservati addetti ai controlli, appartenenti alla  Polizia Locale, GAV , consulenti ambientali responsabili della gestione dei rifiuti, organizzati in proprio o da ENTI pubblici e privati. E’  relatore in numerosi convegni sulla tutela ambientale direttore della rivista telematica www.marcopolomagazine.it scrive su www.dirittoitalia.it

Per contatti diretti :

 giuseppeaiello.1@libero.it  / email:info@associazionemarcopolo.it




Tutela dell’Ambiente e tecnica dei Controlli : Limiti di immissioni rumorose per le attività economiche: quali sanzioni per le violazioni alle prescrizioni contenute nell’AIA ? Dott. Giuseppe Aiello, C.te Polizia Municipale Lioni

Il Caso:  azienda in possesso di autorizzazione integrata ambientale  che supera i valori relativamente ai decibel da rumore in relazione alle prescrizioni riportate nel titolo abilitativo (AIA) in relazione  ai valori imposti con l’ordinanza sindacale adottata. Si chiede se  è giusto sanzionare ai sensi dell’art. 29 quattordices del TUA o è più corretto sanzionare ai sensi dell’art. 650 C.P.?

Risposta

Dott. Giuseppe Aiello, Comandante della polizia Municipale di Lioni (AV)

Anche se l’argomento che si affronta con il presente lavoro riguarda  aspetti particolarmente tecnici delle fasi di controllo ad impianti produttivi per quanto concerne le emissioni rumorose, forse non alla portata dei normali controlli di spettanza della polizia locale ma, piuttosto, più pertinenti a quelli degli organi specializzati delle ARPA, ho cercato comunque di rendere quanto più semplice e chiaro  l’aspetto sanzionatorio legato proprio alle violazioni delle prescrizioni in AIA prendendo spunto dal quesito che mi è stato posto da un Tecnico ARPA, sperando che quanto sotto riportato possa comunque essere di ausilio a tutti gli operatori.

Il caso in esame è caratterizzato da un impianto produttivo in possesso di autorizzazione integrata ambientale che, sottoposto a controlli, risulta produrre emissioni rumorose in decibel superiori a quelli prescritti nel titolo abilitativo, limiti fissati da ordinanza Sindacale. Si chiede se procedere in relazione alla denuncia ex art 650 C.P. oppure in base alle disposizioni sanzionatorie del T.U.A. violazioni alle prescrizioni giusto articolo 29 quattordices del TUA.

IN primis si osserva che L’art. 650 c.p. ,dal titolo “Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”, come è a tutti noto, recita come segue :<    Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene, è punito, se il fatto non costituisca un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a €.206,00. >

La giurisprudenza di legittimità, ha più volte  precisato che la norma penale in bianco dell’art. 650 c.p. < è diretta a soddisfare l’interesse della pubblica amministrazione ad ottenere dal privato cittadino una certa prestazione o comunque un certo comportamento e che l’interesse predetto deve essere attuale al momento dell’emissione dell’ordine>  ,   ha più volte ribadito che: ‐ < per provvedimento dell’autorità ,ai sensi dell’art. 650 c.p., deve intendersi ogni atto con il quale l’autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte.> ‐ < la contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p. prevede che l’inosservanza riguardi un ordine specifico, impartito ad un soggetto determinato per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico o di igiene o di giustizia, in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una autonoma sanzione.>

Nel caso in esame, si tratta invece di una ordinanza emanata in materia di fissazioni di limiti rumorosi  ed è certamente una ordinanza rivolta non a   persone determinate ma a chiunque non rispetti le norme che regolano i limiti di emissioni sonore e rumorose.

Per quanto sopra si ritiene di poter confermare la non applicabilità dell’art. 650 c.p. il fatto che i limiti imposti all’impianto produttivo sono stati indicati nelle prescrizioni contenute  nell’AIA per la qual cosa è senza dubbio applicabile l’ articolo 29 quattordices del TUA c. 2.

Per completezza di esposizione si ritiene opportuno precisare che la procedura relativa all’Autorizzazione Integrata Ambientale è disciplinata dal Titolo III–bis, parte seconda del D.lgs. 152/2006 (a seguito delle modifiche introdotte dal D.lgs. 128/2010). L’art. 4, comma 4, lettera c) del D.lgs. 152/2006 e s.m.i.. indica che: “l’autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività di cui all’allegato VIII e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale”. Secondo quanto stabilito nelle definizioni (art. 5 del D.lgs. 152/2006) per Autorizzazione Integrata Ambientale si intende: “o-bis) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l’esercizio di un impianto rientrante fra quelli di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c), o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l’impianto sia conforme ai requisiti di cui al titolo III-bis del presente decreto ai fini dell’individuazione delle soluzioni più idonee al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 4, comma 4, lettera c). Un’autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore”.

Nella parte che segue del presente contributo si analizza, in particolare, l’aspetto relativo alle  sanzioni previste in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA.

Una delle principali novità in materia sanzionatoria che rigurada l’argomento trattato venne introdotta dal d. lgs. 46/2014 è consistita, infatti, nella avvenuta depenalizzazione di molte fattispecie di illecito collegate alla violazione delle prescrizioni dell’AIA, le quali sono oggi punite con sanzione amministrativa pecuniaria.

Per una più chiara rappresentazione dell’art. 29-quattuordecies, si riporta il testo vigente con le modifiche introdotte dal d. lgs. 46/2014)

 

Art. 29-quattuordecies, d. lgs. 152/2006

comma 2. Salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambienta le non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente.

comma 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza:

a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa;

b) sia relativa alla gestione di rifiuti;

c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.

comma 4. Nei casi previsti al comma 3 e salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro e la pena dell’arresto fino a due anni qualora l’inosservanza sia relativa:

alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati;

allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla Parte terza;

a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa;

all’utilizzo di combustibili non autorizzati.
Come si vede dal su citato disposto , la violazione delle prescrizioni dell’AIA è ora sanzionata, in termini generali, in via amministrativa (comma 2), mentre continuano a costituire reato contravvenzionale le  seguenti fattispecie secondo i sotto indicati criteri :

·           per le violazioni indicate nel comma 3 è prevista, infatti, la sola pena dell’ammenda (così com’era, in passato, in forza del previgente comma 2 dell’art. 29-quattuordecies, d. lgs. 152/2006, per tutte le violazioni delle prescrizioni dell’AIA);

·           per le violazioni indicate nel comma 4, invece, è applicabile la pena dell’ammenda congiunta alla pena dell’arresto.

Ritornando al caso di violazioni delle prescrizioni AIA è opportuno ancora una volta precisare che la sanzione pecuniaria di cui al comma 2 si applica oltre che in caso di violazione delle prescrizioni dell’AIA, anche nell’ipotesi di inosservanza di «quelle imposte dall’autorità competente». ad esempio, una diffida che imponga particolari obblighi di “fare” o “non fare”.

La trasformazione in illecito amministrativo delle ipotesi di violazione delle prescrizioni dell’AIA comporta che ad esse si applichi la generale disciplina di cui alla legge 689/1981, eccezion fatta per la possibilità di pagamento in misura ridotta di cui all’art. 16, che in tal caso è espressamente esclusa secondo quanto stabilito dal  comma 11 del citato art. 29-quattuordecies il quale prevede che << 11. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689>>. Quindi, nel caso di specie sarà necessario apposita ingiunzione da parte dell’Autorità Competente che dovrà valutare l’entità della sanzione amministrativa pecuniaria partendo da 1.500 euro fino a 15.000.

Si precisa altresì che secondo il comma 12.<< Le sanzioni sono irrogate dal prefetto per gli impianti di competenza statale e dall’autorità competente per gli altri impianti>>.

Per quanto riguarda la destinazione dei proventi sanzionatori delle violazioni alle prescrizioni AIA , previste dal comma 2,  sono successivamente riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sono destinati a potenziare le ispezioni ambientali straordinarie previste dal del codice ambiente, comma 4, nonché le ispezioni finalizzate a verificare il rispetto degli obblighi ambientali per impianti ancora privi di autorizzazione.

Sempre restando in tema di sanzioni applicabili in caso di violazione delle prescrizioni dell’AIA non si può non affrontare l’aspetto relativo ai provvedimenti di natura “inibitoria” e/o “ripristinatoria” contemplati dall’art. 29-decies, comma 9, d. lgs.  152/2006, il quale  dispone che

<<  In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all’articolo 29-quattuordecies, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni:

a)  alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l’autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità , b)  alla diffida e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all’anno;

c)  alla revoca dell’autorizzazione e alla chiusura dell’installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l’ambiente;

d)  alla chiusura dell’installazione, nel caso in cui l’infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.>>.

I provvedimenti di cui al comma 9 , in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA, vengono ad aggiungersi all’applicazione, per le medesime violazioni, delle sanzioni amministrative o penali previste dal citato art. 29-quattuordecies comma 2 .

Sempre restando sull’argomento è necessario altresì aggiungere che il 30 dicembre 2016 è entrato in vigore il D.M. 17 ottobre 2016, n. 228. “Regolamento recante la definizione dei contenuti minimi e dei formati dei verbali di accertamento, contestazione e notificazione relativi ai procedimenti di cui all’articolo 29-quattuordecies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.” Quindi nella contestazione delle relative violazioni dovrà essere utilizzato il predetto modello così come previsto nell’allegato 2 al DM n 228/2016 che si allega.

L’allegato 1 al D.M. 228/16 riporta le informazioni minime che devono essere contenute nei verbali di accertamento, contestazione e notificazione di procedimenti di cui all’articolo 29-quattuordecies del D.Lgs 152/06:

identificazione del trasgressore e dell’obbligato in solido
percorso di accertamento con distinzione tra: accertamento diretto durante visita in loco e contestazione immediata, accertamento successivo a visita ispettiva in loco e contestazione differita tramite notificazione della violazione, accertamento successivo a verifica documentale in ufficio
norma violata con relativi articoli e sanzioni previste
dettaglio della violazione con riferimento allo stato dei luoghi e alle prescrizioni AIA
contestazione immediata, differita o tramite notificazione del verbale
notificazione del verbale brevi manu o mediante servizio postale o mediante ufficiale giudiziario o altro soggetto notificatore o via PEC
autorità competente: prefetto competente per territorio per gli impianti di competenza statale, ufficio regionale o provinciale per gli altri impianti
sanzione e modalità di pagamento: importo minimo e massimo della sanzione amministrativa pecuniaria
modalità e termini di presentazione degli scritti difensivi
spese di procedimento
dichiarazioni del trasgressore e degli altri interessati
avvertenze e note
responsabile del procedimento
verbalizzante
Agosto 2021   Dott. Giuseppe Aiello.

IN allegato il fac simile del verbale




Il DL n.52 del 22 aprile 2021 Proroga la scadenza dei titoli edilizi: Permesso a Costruire , SCIA e Super SCIA, Dott. Giuseppe Aiello

Automaticamente, già per legge, senza alcun intervento diretto dell’interessato i titoli abilitanti in edilizia comunque denominati,  in scadenza sono prorogati di 90 giorni, dalla data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da CO-VID- 19,ovvero fino al 29 ottobre 2021

Dott. Giuseppe Aiello, C.te P.M. Lioni AV

Proroga scadenza titoli edilizi DL n.52 del 22 aprile 2021

Il DL n.52 del 22 aprile 2021, che dispone il  prolungamento dello stato di emergenza Covid-19 fino al  31 luglio 2021,   proroga  tutti gli atti in scadenza come le segnalazioni certificate di agibilità, le autorizzazioni paesaggistiche e le autorizzazioni ambientali.

Gà in precedenza il Decreto Cura Italia  aveva disposto che i  titoli abilitanti ( in edilizia) comunque denominati in scadenza fra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da CO-VID- 19, (fissata al 31 gennaio 2021), fossero prorogati di ulteriori 90 giorni, ovvero fino al 01 maggio 2021.

Il DL n.52 del 22 aprile 2021è ritornato sulla questione stabilendo che , la validità di certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il  31 luglio 2021. saranno validi fino al 29 ottobre 2021, che coincide con il novantesimo giorno successivo alla chiusura dello stato di emergenza Covid-19.

Titoli abilitanti edilizi rientranti nel provvedimento :

  • Permesso di costruire. (Valido, che è stati rilasciato, o si è formato, entro il 31 dicembre 2020)

      Trova altresì applicazione per:

  • SCIA super alternativa al Permesso (o propria) –  SCIA normale. (Valida, che sono state presentate, entro il 31 dicembre 2020)

 I titoli abilitativi già rilasciati, ma non ritirati dagli uffici comunali, possono essere appunto acquisiti (con l’assolvimento di quanto previsto) anche dopo 90 gg., dalla data di dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da CO-VID- 19),

 

I titoli abilitativi per i quali si comunica la citata proroga non devono essere già scaduti al momento della presentazione, ovvero nel caso in cui :

  • Se i lavori assentiti non sono stati avviati, entro un anno dal rilascio dell’atto o dalla presentazione. (Il mancato inizio porta alla decadenza dell’atto)
  • Se sono trascorsi tre anni dalla data di inizio lavori. (Il mancato rispetto del termine porta alla decadenza dell’atto).

Oltre ai titoli edilizi sopra evidenziati il provvedimento investe anche i seguentiistituti:

Prorogati i termini di inizio, fine lavori e validità, in scadenza, riguardanti:

AU, (Autorizzazione unica), (per le fonti alternative di energia, di cui al D. Lgs. n. 115/2008). (Ha la durata pari alla vita utile dell’impianto)

Titolo unico, (sportello unico per le attività produttive, con titolo edilizio, art. 7 DPR n. 160/2010). (Valida tre anni)

AIA, (autorizzazione integrata ambientale, di cui al D. Lgs. n. 152/2006). (Valida dieci anni)

Autorizzazione sismica, (di cui all’art. 94 del DPR n. 380/2001, o legge regionale). (Valida cinque anni)

Autorizzazioni, nulla osta, riguardanti i vari vincoli, (es.: paesaggistici, ambientali, culturali, di cui al D. Lgs. n. 42/2004). (Valide cinque anni)

Autorizzazioni nulla osta, riguardanti diversi vincoli, (es.: idrogeologici e boschivi, demaniali, ferroviari, cimiteriali, stradali, ed altri, ecc.).

4 maggio 2021

Dott. Giuseppe Aiello




Trasporto illecito ed abbandoni dei rifiuti – Artt. 212, 256 e 259 d.lgs. n. 152/2006 Procedura ed atti da redigere

  • Dott. Giuseppe Aiello, Comandante Polizia municipale di Lioni, AV
  • Scheda Tecnica relativa alla corretta  procedura da applicare al caso di trasporto e abbandono dei rifiuti pericolosi da parte di soggetto formalmente privato ma ditta di fatto sorpreso ad abbandonare rifiuti speciali anche pericolosi

.

IL Caso:

a seguito di specifici servizi di tutela ambientale in aree degradate da abbandoni di rifiuti si accerta che  il Sig. …. ,formalmente privato cittadino ma di fatto dedito all’attività di svuota cantina, aveva  effettuato la pulizia di un locale adibito a laboratorio di analisi su commissione del proprietario dei locali. Lo stesso pur non risultando iscritto presso l’albo gestori ambientali  Svolgeva di fatto l’attività di gestione illecita di rifiuti eterogenei  di diversa natura e tra essi anche Rifiuti sanitari pericolosi  provenienti da laboratorio analisi, radiologico (solventi, reagenti, oli, mercurio, amianto, lampade fluorescenti, batterie).  In effetti lo stesso dopo aver ripulito i locali effettuava la   raccolta dei rifiuti, servendosi di autoveicolo furgonato intestato allo stesso,  e li trasportava  presso ……… ove veniva sorpreso ad abbandonarli su area pubblica.

Descrizione del caso rispetto ai riferimenti normativi e indicazione della procedura e degli atti da redigere

Dott. Giuseppe Aiello

Il primo punto da chiarire riguarda l’individuazione dei risposabili chiamati a rispondere degli illeciti che di seguito andranno analizzati ed in particolare la qualifica di produttore dei rifiuti.

Premessa:

Per “produttore di rifiuti” deve intendersi, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera f) del D.lgs. 152/2006, “il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.

Quindi nel caso di specie possiamo rilevare a carico del proprietario del Locale  una vera e propria «posizione di garanzia» quale produttore del rifiuto (soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione)  in relazione al corretto smaltimento. Posizione che comporta la possibilità che il detentore del rifiuto possa essere chiamato a rispondere per non avere impedito il fatto illecito materialmente commesso da terzi in violazione della normativa sui rifiuti. Quindi nel caso di specie il committente aveva  l’obbligo di impedire l’ evento dannoso – reato di trasporto illecito ed abbandono dei rifiuti – commesso da soggetto terzo al quale lui stesso aveva affidato i rifiuti giusto ex art. 40 cpv. cod. pen.).

Nel caso rappresentato quindi, Il produttore dei rifiuti ( proprietario del locale) risponde del reato di illecita gestione raccolta e trasporto dei rifiuti a titolo di concorso col soggetto ricevente, privo della prescritta autorizzazione al trasporto e responsabile dell’abbandono degli stessi.

Il secondo punto da considerare riguarda la Classificazione e la natura pericolosa degli stessi :  (art.2 DPR 254/2003) Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo -rifiuti provenienti da laboratorio analisi, radiologico (solventi, reagenti, oli, mercurio, amianto, lampade fluorescenti, batterie).

1° Illecito Reato ipotizzati relativamente alla raccolta e al Trasporto:

 

 

ipotesi di reato D.lgs 152/2006  artt. 212 c 5 e 256 c 1 lett b

Il reato di cui all’art. 256, comma primo, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che sanziona le attività di gestione compiute in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo D.Lgs. è configurabile nei confronti di chiunque svolga tali attività anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. Il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti si configuri anche in presenza di una condotta occasionale, in ciò differenziandosi dall’art. 260 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che sanziona la continuità della attività illecita (Cass. Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011 – dep. 17/06/2011, D’Andrea).

Ditta di fatto riferimento giurisprudenziale

Cassazione Penale – Sez. III – sentenza del 18 settembre 2013 n. 38364 il reato di cui all’art. 256, comma secondo, del d.lgs. n. 152 del 2006 è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell’ambito di una attività economica esercitata anche di fatto, indipendentemente da una qualificazione formale sua o dell’attività medesima, così dovendosi intendere il «titolare di impresa o responsabile di ente

Produttore:

Cassazione Penale – Sez. III – sentenza del 17 aprile 2003, n. 16016). Il produttore-detentore di rifiuti speciali, qualora non provveda all’autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può consegnarli ad altri soggetti, ma – in tal caso – ha l’obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento. Ove, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore-detentore risponde a titolo di concorso con il soggetto qualificato nella commissione del reato di attività non autorizzata di gestione dei rifiuti.

(Cassazione Penale – Sez. III – sentenza dell’11 luglio 2013, n. 29727). Colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che gli stessi siano debitamente autorizzati allo svolgimento di dette attività, con la conseguenza che l’inosservanza di tale elementare regola di cautela imprenditoriale è idonea a configurare la responsabilità per il reato di illecita gestione di rifiuti in concorso con coloro che li hanno ricevuti in assenza del prescritto titolo abilitativo.

 

2° illecito Reato ipotizzato relativamente all’abbandono dei rifiuti:

 

 ipotesi di reato D.lgs 152/2006  artt. 192 e 256 c 1 lett b / 2

L’art 192 del D.lgs 152/2006 vieta l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti prevedendo pene diverse a seconda che l’illecito sia commesso da privato cittadino o ditta. Nel caso di privato si applica l’art 255 che prevede sanzioni amministrative . Nei casi di violazioni relative agli abbandoni dei rifiuti commesse da chi  riveste una particolare qualifica giuridica, quale il titolare di impresa (imprenditore individuale), e/o rappresentante di un ente, (rappresentante di una persona giuridica) la tutela del bene è affidata al sistema punitivo penale, con la previsione di differenti sanzioni in ordine all’entità della pena (art.256 c. 1 let.a-b), a seconda che il rifiuto venga classificato pericoloso o non pericoloso.  Nello specifico è previsto:

  1. a) la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
  2. b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

Conclusione

1° e 2° Illecito ipotesi di reato  art 212 c 5 e 256 c 1 lett B e art 192 e 256 c 1 lett B e 2.

Per aver effettuato, in concorso tra loro il primo quale produttore dei rifiuti affidatario ed il secondo privo di qualsiasi titolo, attività  di gestione illecita di rifiuti eterogenei  di diversa natura e tra essi anche Rifiuti sanitari pericolosi  provenienti da laboratorio analisi, radiologico (solventi, reagenti, oli, mercurio, amianto, lampade fluorescenti, batterie). Descrizione ……. , in effetti il Sig. …. ,produttore dei rifiuti affidava gli stessi al Sig. ____ pur non risultando iscritto presso albo gestore ambientale il quale svolgeva di fatto l’attività in quanto effettuava la   raccolta ,dei rifiuti  dalla località e li trasportava  presso ……… ove veniva sorpreso ad abbandonarli .

Sanzioni: Sanzione penale prevista dall’art. 256, comma 1 lett.b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila trattandosi di rifiuti pericolosi.

Procedura operativa : Penale

 AUTORITA’ COMPETENTE:  Procura della Repubblica presso il Tribunale

Oblazione non ammessa ex art.162 bis C.P.

Non vi è Possibilità di applicazione della procedura di estinzione del reato con prescrizione art 318 bis D.lgs 152/2006.

atti da redigere:

  • Comunicazione di Notizia di reato ai sensi dell’art 347 C.P.P

Che potrà contenere:

Accertamenti urgenti sullo stato dei luoghi e delle cose  art . 354 c. 2,3 c.p.p.; ( schema Mod1/a)

Fascicolo fotografico effettuato ai sensi dell’art 354 c. 2,3 c.p.p;

Spontanee dichiarazioni rese dall’indagato art.350 c. 7 c.p.p.; ( schema Mod1/b)

Verbale di identificazione e di elezioni del domicilio art 349/ 161 c.p.p. ( schema Mod1/c)

Sommarie informazioni rese da persona informata art 351 c.p.p.; ( schema Mod1/d)

Annotazioni di indagini art.357 c.p.p.; ( schema Mod1/l)

SANZIONE ACCESSORIA  disposta dall’art 260 ter D.lgs 152/2006 Fermo Amministrativo dell’autocarro;

Verbale Sequestro del veicolo  Il veicolo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti, ai sensi dell’art. 259 del d.lgs. n. 152 del 2006, è soggetto a confisca obbligatoria, pertanto, deve essere sottoposto a sequestro di iniziativa da parte della polizia giudiziaria. In realtà il sequestro del veicolo può rispondere a  fini formali probatori (ex art 354 CPP) in senso stretto, ma,  in senso più lato anche per impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori( ex art 321 CP.P.)  Il sequestro è atto degli Ufficiali di P.G. Tuttavia va ricordato che, in via eccezionale, sulla base del disposto dell’art. 113 delle disp. att. C.P.P. «nei casi di particolare necessità ed urgenza, gli atti previsti dagli artt. 352 e 354 (perquisizioni ed accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone –sequestro) commi 2 e 3 del codice possono essere compiuti anche dagli agenti di polizia giudiziaria».

Presupposto del sequestro preventivo è il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito penale oppure agevolare la reiterazione della condotta delittuosa; inoltre il giudice può disporre il sequestro preventivo di quelle cose di cui è consentita la confisca. Il sequestro preventivo di cui all’art. 321 cod. proc. pen. Può essere operato dagli ufficiali di P.G. ed  ha la funzione sia di impedire la consumazione dei reati sia di evitare che coloro che hanno violato la legge possano continuare a trarre vantaggi dall’illecito penale consumato.

2 Comunicazione al Sindaco per ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti

Art 192 Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate….>>

Tecnica investigativa ambientale scheda operativa tratto dal manuale Pol Ambiente del Dott. Giuseppe Aiello  

Dott. Giuseppe Aiello, Comandante di ruolo della Polizia Municipale di Ente Locale. È esperto in materia di polizia Ambientale e tecnica investigativa, ha svolto numerosi corsi di formazione ed aggiornamento per le principali materie di competenza della Polizia locale, con particolare riferimento alla Gestione dei rifiuti e tutela ambientale, per conto di vari Enti di rilievo nazionale, relatore in convegni nazionali e locali in materia di gestione dei rifiuti. Docente Scuola Regionale di P.L. della Campania, Diritto Italia, Formez PA Officina della Formazione ecc.,

Email giuseppeaiello.1@libero.it

Sito web : www.marcopolomagazine.it

 




Nomina a Ispettori ambientali volontari da parte dei Comuni

  • Dott. Giuseppe Aiello, C.te Polizia Municipale di Lioni (AV) 

Il Comune con decreto Sindacale può conferire ad appartenenti ad associazione di volontariato, muniti di decreto di nomina a Guardia Ambientale Zoofila, funzioni di agente accertatore per la contestazione delle violazioni amministrative (in materia di Rifiuti) ed attività di supporto alla Polizia Municipale ?

IL caso

IL Coume di _______________  con delibera di giunta Comunale decide di attivare, per la durata di mesi 9, il servizio di vigilanza per repressione dei reati contro l’ambiente e di controllo del deposito e della raccolta dei Rifiuti urbani affidandolo ad associazione di volontariato riconoscendo alla stessa un importo di euro 1.500,00 a titolo di rimborso quale spesa consumo carburante. Viene richiesto al Sindaco di riconoscere agli appratenti all’associazione, già muniti di decreto di nomina a Guardia Ambientale Zoofila, “le funzioni di agente accertatore nei processi della Polizia Amministrativa di contestazione delle violazioni ai regolamenti comunali e alle ordinanze sindacali per tutto quanto concerne deposito, gestione raccolta e smaltimento dei rifiuti   ..,e di attribuire agli stessi i poteri di cui agli artt. 13 e 14 della Legge  689/1981  e la qualifica di Pubblico Ufficiale ex art 357 del C.P.”

Domanda la procedura è corretta ??

Risposta del Dott. Giuseppe Aiello

 

Premessa

Mi sia permesso dedicare questo mio piccolo contributo all’amico Guardia  Volontaria Ambientale Luciano Quaranta scomparso prematuramente soli pochi giorni fa a causa di un infarto fulminante. Sono certo che sarebbe stato lui, uno dei primi, a leggere e commentare questo mio articolo. Mi fa piacere pensare che lo possa fare anche adesso dall’alto dei cieli dove attento come lo è stato in terra continua a guardare e proteggere le bellezze del creato.

Un abbraccio Luciano   

La problematica che investe la figura (controversa) dell’Ispettore Volontario Comunale, o come lo si preferisce chiamare la GAV di matrice Comunale, è negli ultimi tempi di particolare interesse degli Enti Locali. Sono infatti tantissimi le  municipalità che hanno istituito, proficuamente, il servizio di vigilanza ausiliaria sui rifiuti.  Non sempre però i Comuni adottano le giuste procedure per avviare in modo regolare questo servizio di vigilanza ausiliaria, in molti casi ci si limita alla firma di decreti scopiazzati, non si sa da chi, senza neanche rendersi conto dei reali contenuti degli atti e dei risvolti che possono determinarsi con il rischio di responsabilità condivise penali e contabili. In moltissimi casi, così come quello rappresentato in esame, si adottano atti amministrativi (delibere e decreti) in violazione di norme con attribuzione di funzioni pubbliche a soggetti non titolati a svolgere attività di vigilanza ambientale. Sono molte anche le scuole di formazione che offrono, a poche centinaia di euro, corsi on line per il rilascio di attestati ( VALIDI e non si sa da chi e per chi) che vengono poi utilizzati per l’espletamento dei servizi di controllo del Territorio anche con prestazioni retribuite da parte dei Comuni.

Premesso quanto sopra con la parte che segue cercherò di dare una risposta, alla domanda che mi è stata posta, cercando di chiarire quegli aspetti critici che la materia nasconde precisando che non esiste in questo momento una legge dello stato o regionale, riguardo alla Campania, che preveda, da parte dei Comuni, l’ istituzione degli ispettori Ambientali Comunali questo però non significa che fatti i passi giusti non si possa ottenere quanto desiderato .

Valutazione:

 

GUARDIA VOLONTARIA ZOOFILA

Il primo aspetto da valutare riguarda la qualifica di Guardia Ambientale Zoofila già posseduta, in alcuni casi, dal volontario per capire se lo stesso sia legittimato o meno a svolgere anche compiti di vigilanza in materia di rifiuti per conto del Comune. In effetti, il Comune, nel caso in esame, ha ritenuto sufficiente il possesso del titolo di Guardia Ambientale Zoofila per poter conferire a soggetto formalmente privato la qualifica di agente accertatore, ex art 13 Legge 689/1981, riconoscendo quale altro requisito l’appartenenza ad una determinata Associazione di Volontariato. A tal proposito bisogna evidenziare  che le Guardie Particolari Giurate Volontarie Zoofile sono nominate con decreto prefettizio, ai sensi dell’art. 6, comma 2 0, della Legge 20 luglio 2004 n. 189 (vigilanza volontaria zoofila) e delle Guardie Particolari Giurate Zoofile, nominate a norme di leggi regionali (vigilanza volontaria venatoria). Al tal riguardo la L.189/2004 riconosce che “La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute. Le guardie particolari giurate zoofile nominate ai sensi di norme di leggi regionali, sono invece abilitate ai compiti di vigilanza venatoria di volta in volta previsti dalle leggi regionali stesse, in relazione alla previsione di cui all’art, 27, 20 comma, ultimo periodo, della legge quadro sulla caccia (L. n. 157 del 1992). Le guardie giurate volontarie zoofile – ex legge 189/04 – sono agenti di polizia giudiziaria con competenza limitata al solo accertamento di reati aventi per oggetto animali di compagnia. Trattasi, dunque, degli illeciti penali commessi mediante maltrattamento degli animali e loro impiego in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate, con esclusivo riguardo agli animali domestici o di compagnia (non altri animali come ad es. la fauna selvatica). Tale disposizione non autorizza le guardie zoofile nominate con decreto del Prefetto all’esercizio di compiti di controllo e di vigilanza per repressione dei reati contro l’ambiente e di controllo del deposito e della raccolta dei Rifiuti urbani. Eventuali abusi da parte delle guardie zoofile saranno valutati e considerati ai sensi dell’art. 347 c.p. (usurpazione di funzioni pubbliche) o dell’art. 348 c.p. (abusivo esercizio di una professione).

Sull’argomento rileviamo diverse circolari del Ministero dell’Interno che con la n. 557/PAS/U/009889/10089.D.GG del 28.06.2017) sottolinea che la legislazione che disciplina la vigilanza in campo ambientale, ittica, venatoria e zoofila, non attribuisce in nessun caso la funzione di “polizia” alle Guardie Particolari Giurate Volontarie in quanto prerogativa questa esclusiva delle Forze di polizia dipendenti dallo Stato ed Enti Locali. Il citato Dipartimento con altra nota (Territorio e autonomie locali 26 Novembre 2013 Categoria 14.01 Funzioni e responsabilità)  ha precisato che l’istituzione della figura di Ispettore ambientale non trova fondamento nella specifica disciplina dettata in materia di smaltimento dei rifiuti di cui al D.Lgs. n. 152/2006, né in altra normativa statale. Tuttavia, poiché il richiamato D.Lgs. 152/2006, all’art. 198 attribuisce agli enti locali le funzioni amministrative relative alla gestione dei rifiuti riconoscendo agli stessi il potere regolamentare sull’organizzazione e sullo svolgimento di detta funzione, si deve ritenere che in presenza di una apposita norma regolamentare ( DEL COMUNE) sia possibile prevedere la figura di ispettore di vigilanza ambientale.  I comuni possono, altresì, prevedere nel regolamento medesimo, l’istituzione di uffici strumentali all’esercizio delle relative funzioni.

In ultimo si tenga presente che la Prefettura di Avellino con nota prot 27079/Pa del 04.09.2017 ha affermato che “ è precluso ai Comuni di avvalersi nell’esercizio delle funzioni di Polizia locale ad essi spettanti della collaborazione anche occasionali di guardie volontari.

Purtroppo in giro ci sono Volontari, Funzionari e Dirigenti di Enti nonché amministratori locali che palesano una grande ignoranza in materia e, non riconoscendo i limiti insiti con la figura del volontariato, si espongono a gravi rischi e responsabilità  di natura penale ed anche contabile.  In effetti  eventuali abusi da parte dei volontari per impieghi degli stessi in compiti che non compete loro possono essere valutati e considerati ai sensi del vigente Codice Penale in relazione all’art 347 C. P. (usurpazioni di funzioni pubbliche)   e dell’art.  348 C.P. ( esercizio abusivo della professione). Quindi, per non incorrere in abusi ed essere esposti a responsabilità, sarebbe opportuno, da parte degli Enti locali, prima di stabilire qualsivoglia collaborazione, verificare preliminarmente il possesso delle relative qualifiche di tali soggetti, in particolare  quella di P.G., nel caso di specie la Giunta Comunale ha attribuito, impropriamente non avendone competenza , la prevenzione e la repressione dei reati . L’attività di polizia giudiziaria è collegata e conseguenza della funzione giurisdizionale penale.

Nel dettaglio la funzione della polizia giudiziaria consiste in (art.55 c.p.p.5 ): – vigilanza e repressione, agendo anche di propria iniziativa per raccogliere notizia dei reati commessi e impedendo che vengano portati a conseguenze ulteriori; – investigazione, ricercando gli autori e assicurando le fonti di prova; – esecuzione degli atti disposti dal giudice, svolgendo ogni indagine e attività disposta o delegata dall’autorità giudiziaria.

LA QUALIFICA DI POLIZIA GIUDIZIARIA

Tutte le attività di Polizia Giudiziaria sono riservate non semplicemente alle forze di polizia ma specificatamente ai soggetti ai quali la legge attribuisce la qualifica di agente o ufficiale di polizia. Questi ruoli sono definiti dal codice di procedura penale (art.57 c.p.p.6) che individua una serie di soggetti tra le forze di polizia, senza escluderne tuttavia tutti gli altri, ai quali le norme speciali possono attribuire la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria in via permanente e le altre leggi e regolamenti possono attribuire queste qualifiche ma in via limitata nel tempo e nelle funzioni.

La delibera di giunta, di cui si discute, con la quale si è proceduto ( erroneamente)  alla stipula della convenzione con una specifica associazione è palesemente viziata per incompetenza (abuso di ufficio) in quanto la GIUNTA COMUNALE non ha le prerogative atte ad affidare attività di controllo e di vigilanza per repressione dei reati contro l’ambiente e di controllo del deposito e della raccolta dei Rifiuti urbani. Si consiglia di procedere alla revoca dell’atto per evitare di incorrere in abusi anche per il mancato riconoscimento del potere legittimante da parte dei volontari.

DECRETO SINDACALE DI NOMINA

IL Sindaco , in mancanza di un regolamento che istituisca all’interno dell’Ente la figura giuridica di ispettore ambientale (REGOLAMENTO APPROVATO DAL CONSIGLIO),  non può conferire di propria iniziativa incarichi e funzioni a soggetti volontari privi di qualsiasi tiolo legittimante pur se  muniti di decreto di nomina a Guardia Ambientale Zoofila. Si potrebbe configurare a proprio carico il reato di abuso di ufficio di cui all’art 323 C.P. oltre ad eventuali responsabilità contabili in relazione all’erogazione del contributo all’associazione per servizi che non possono essere elargiti in quanto privi dei titoli legittimanti.

Conclusioni:

COME ISTITUIRE IL SERVIZIO GAV DEL COMUNE

I Comuni per poter avvalersi di dette specifiche funzioni devono innanzitutto istituire il servizio  con Regolamento approvato in consiglio Comunale prevedere i requisiti necessari a ricoprire detta figura il Comune deve inoltre garantire un’adeguata formazione degli addetti, quindi, devono necessariamente organizzare un corso di formazione specifico in materia di tutela del territorio, gestione dei rifiuti, disposizioni in materia di regolamenti e ordinanze del Comune, nonché in materia sanzionatoria e in particolare l’analisi delle disposizioni contenute nella legge 689/1981 senza tralasciare le tecniche di comunicazione.

Il Sindaco, quindi, potrà nominare gli ispettori ambientali volontari comunali, con proprio decreto motivato, tra i candidati reputati idonei e che abbiano appunto, superato, dopo la partecipazione di uno specifico corso di formazione, l’ esame finale. L’Ispettore ambientale volontario comunale in sede di accertamento di violazioni ai regolamenti e/o ordinanze sindacali riguardanti la tutela ambientale redige gli atti previsti dalle vigenti disposizioni di Legge ( artt. 13 e 14 legge 689/ 1981) atti di accertamento e contestazione . I volontari durante lo svolgimento della loro attività sono Pubblici Ufficiali ai sensi dell’art 357 c.p e svolgono funzioni di polizia amministrativa ed esercitano i relativi poteri di accertamento giusto art. 13 legge 24 novembre 1981 n. 689. Le modalità di intervento e gestione delle procedure sanzionatorie delle GAV devono essere svolte in sintonia con l’attività del Corpo di Polizia Locale che dovrà esercita il controllo e il coordinamento del servizio gestendo le procedure in materia di Sanzioni Amministrative di cui alla legge 689 /81.

11.04.2021     G aiello

 

Dott. Giuseppe Aiello

 

Comandante di ruolo della Polizia Municipale di Ente Locale. È esperto in materia di polizia Ambientale e tecnica investigativa, ha svolto numerosi corsi di formazione ed aggiornamento per le principali materie di competenza della Polizia locale, con particolare riferimento alla Gestione dei rifiuti e tutela ambientale, per conto di vari Enti di rilievo nazionale, relatore in convegni nazionali e locali in materia di gestione dei rifiuti. Docente Scuola Regionale di P.L. della Campania, Diritto Italia Formez PA Officina della Formazione ecc.,

 

Email giuseppeaiello.1@libero.it

Sito web : www.marcopolomagazine.it

 




COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI E IL FENOMENO DEGLI SVUOTA CANTINE

COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI E IL FENOMENO DEGLI SVUOTA CANTINE – UNA EMERGENZA AMBIENTALE ALL’ATTENZIONE DELLA P.G. E DELLE ISTITUZIONI.

di Marco D’Antuoni

Vice Comandante del Corpo di Polizia Locale di San Severo. Responsabile del Nucleo di Polizia Edilizia e Ambientale. Incaricato alla gestione della Video Sorveglianza del Comune di San Severo. Laurea Magistrale in Scienze Politiche con votazione 110/110 con Lode. Master di II livello in Scienze della Pubblica Amministrazione con tesi in “Management della Polizia Locale e le politiche per la Sicurezza Urbana: Strumenti e Attività di Vigilanza”.

La legge 8 febbraio 2014, n. 6, approvata dal Senato il 5 febbraio che ha convertito in Legge il D.L. 10 dicembre 2013 n. 136, rappresenta un vero e proprio spartiacque nell’attività di contrasto al fenomeno dello smaltimento illecito di rifiuti mediante la combustione.

A tal riguardo, il Consiglio dei Ministri era intervenuto sul tema per affrontare l’incresciosa situazione che per anni ha afflitto una parte di territorio della Regione Campania tristemente nota a livello nazionale come “Terra dei fuochi”.

Un provvedimento normativo considerevole che ha finalmente esplicitato uno stato emergenziale che colpiva un territorio dove la pratica dello smaltimento illecito dei rifiuti era ormai divenuta una prassi comune.

Dal punto di vista normativo è ormai noto che la Legge n.6/2014 ha inserito e aggiunto, dopo l’articolo 256 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il seguente: «Art. 256-bis. Combustione illecita di rifiuti».

Trattasi di delitto pensato evidentemente con riferimento ai cd “roghi tossici” della “Terra dei fuochi”, tanto è vero che, ad oggi, recenti riferimenti giurisprudenziali indicano che la combustione è illecita solo se riguarda rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata[1].

Da una rapida osservazione della disciplina recata dagli articoli 1 e 2 del decreto, ci si rende conto che la finalità della normativa era mirata alla risoluzione delle problematiche afferenti la sola Regione Campania ma, purtroppo, a distanza di anni, si è evinto che lo smaltimento illecito dei rifiuti tramite combustione è un fenomeno più esteso e riguarda anche territori di altre Regioni.

 

Da uno sguardo al passato si nota che, prima dell’introduzione della Legge, le forze di polizia impegnate nella lotta allo smaltimento illecito dei rifiuti, nonché alla loro successiva e immancabile combustione, si movevano nell’alveo delle norme anti incendio previste dal Codice Penale come l’art.423 C.P. – reato di incendio – oppure l’art. 424 C.P. – reato di danneggiamento seguito da incendio -.

Sicuramente, trattasi di reati gravissimi, con pene che prevedono la reclusione e l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, che, comunque, se applicate all’incendio di rifiuti costringevano la P.G. operante a porre in essere ulteriori valutazioni oggettive, ben dettagliate, sulla potenzialità dell’incendio stesso al fine di creare dei rafforzativi alle attività di indagine e per blindare l’instaurando procedimento penale.

Un ulteriore strumento di lotta all’abbruciamento dei rifiuti, frequentemente utilizzato dalla P.G. nell’ambito della combustione dei rifiuti, era l’art.674 C.P. – getto pericoloso di cose – che punisce nei casi non consentiti dalla Legge chiunque provoca emissioni di gas, di vapori o di fumi atti ad offendere o imbrattare o molestare persone.

In questo caso, la P.G. operante era costretta a puntare sulla natura delle emissioni inquinanti che determinavano tali incendi.

Tale valutazione poteva trovare il proprio ambito normativo dal semplice fatto che i roghi accertati provenivano dall’abbruciamento di rifiuti speciali abbandonati in modo incontrollato e aventi provenienza di natura artigianale e/o industriale.

Nonostante tale disposizione del Codice Penale può essere ancora oggi applicata, si rileva che la stessa norma, in passato, è stata accreditata proprio come strumento valido per la lotta agli eco reati e al contrasto all’incendio di rifiuti.

Difatti, la stessa trae origine come una norma non varata per essere applicata specificatamente nel campo dello smaltimento illecito dei rifiuti ma diretta verso altre tipologie di reati con forme meno gravi, più famigliari e quotidiane di azioni in materia.

Tuttavia, nel tempo, la giurisprudenza, con i propri orientamenti ha avallato l’utilizzo di questo articolo del Codice Penale come uno strumento titolato a combattere il fenomeno della combustione illecita di rifiuti ponendo così la polizia giudiziaria nelle condizioni di poter procedere all’applicazione di tale articolo in tranquillità[2].

Gli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione, in diversi procedimenti, hanno fondato le proprie motivazioni proprio sulla elocuzione dell’articolo “sui casi non consentiti dalla Legge” giacché l’incenerimento dei rifiuti è senza dubbio un caso non consentito dalla Legge e configura un fatto idoneo a molestare persone[3].

 

Oggi possiamo dichiarare pacificamente che la Legge n.6/2014 è arrivata in ritardo sia rispetto all’allarme sociale riferito alla contaminazione dei terreni e ai pericoli per la salute e sia in rispetto alle esigenze normative necessarie per svolgere a pieno e con fermezza l’attività di polizia giudiziaria ambientale. Un ritardo che, purtroppo, ha permesso un processo di ramificazione ben radicata su interi territori che interessa anche un aspetto sociale e culturale degli stessi.

Da quanto detto, si evince, quindi, che fino all’introduzione dell’art.256 bis nel T.U.A. le attività di incenerimento di rifiuti non erano punite con certezza dal Decreto Legislativo in questione in quanto non era prevista una disposizione specifica e mirata a punire tale condotta di abbruciamento dei rifiuti.

Dunque, l’introduzione dell’art.256 bis D.Lgs n.152/2006, inserito come apposita norma incriminatrice, conferma che si è dato inizio ad un nuovo corso per l’attività di contrasto al fenomeno della combustione illecita di rifiuti.

Difatti, la novella dell’art.256 bis ha dato certezza nell’applicazione della norma intesa a punire tre tipologie di delitti: 1) la combustione illecita di rifiuti; 2) la combustione illecita di rifiuti pericolosi; 3) l’abbandono, il deposito incontrollato, la raccolta, il trasporto, la gestione in funzione della successiva combustione illecita.

A conferma, è Conclusione confermata dalla suprema Corte la quale ha evidenziato che la fattispecie incriminatrice dell’art. 256-bis, comma 1, d.lgs 152/06 «si configura come reato di pericolo concreto e di condotta (“appicca il fuoco”) nel quale non assume rilievo, per la sua integrazione, l’evento dannoso, reato di pericolo concreto, perché dalla condotta di appiccare il fuoco deriva il concreto pericolo per l’ambiente e per la collettività, rappresentando una concreta applicazione del principio di precauzione»[4].

 

Le attività di pg

 

A questo punto, l’introduzione dell’art.256 bis nel Testo Unico Ambientale ha varato una nuova frontiera investigativa per la polizia giudiziaria ambientale in relazione all’attività di contrasto ad un fenomeno di illegalità diffusa come la combustione illecita dei rifiuti che, come detto innanzi, purtroppo, non interessa solo la Regione Campania ma l’intero territorio nazionale.

L’intervento legislativo ha consolidato, quindi, l’attività sul campo dando certezza all’azione di repressione.

L’attività di controllo, pertanto, nel corso degli anni, si è rafforzata con pratiche costanti che hanno permesso non solo di migliorare le strategie di intervento ma anche di conoscere il problema da vicino riuscendo ad individuare e a distinguere le tipologie e le modalità di incendio di rifiuti.

Invero, le attività svolte sul campo hanno consentito di fare, in primis, una distinzione dei vari tipi di incendi a seconda che si tratti dei cd “roghi tossici” − quando il fuoco interessa rifiuti abbandonati e depositati in modo incontrollato – quando il fuoco viene appiccato per il recupero di metalli destinati alla vendita nel mercato nero – ovvero di veri e propri incendi in impianti di gestione la cui origine può derivare dalla presenza di materiali/rifiuti in sovraccarico o per eludere i controlli delle autorità preposte.

Premesso che tali pratiche sono strettamente connesse al ciclo dei rifiuti ed alla malavita organizzata, risulta acclarato l’impegno e l’attenzione della Procura nazionale antimafia e della Dda rivolta agli incendi negli impianti di produzione; pertanto, il presente contributo, per ciò che riguarda le attività di polizia giudiziaria a livello locale, si concentra, in particolare, ai roghi dei rifiuti abbandonati e appiccati per il recupero dei metalli con conseguente rivendita nel mercato nero.

A tal riguardo, le informazioni recepite durante le attività di p.g. in determinati territori a livello locale, rivelano la presenza di numerose condotte delittuose tenute da soggetti spregiudicati che sono costantemente alla spasmodica ricerca di un qualsiasi bene da cannibalizzare per estrarre metalli tipo ferro, rame, ghisa ed altro ancora destinati alla rivendita nel mercato nero.

In tal caso l’incenerimento ha lo scopo di bruciare ciò che risulterebbe superfluo alla vendita e ricavarne solo le parti metalliche che frutterebbero guadagni illeciti.

Tale attività è svolta, per gran parte dei casi, in aree aperte in piena campagna alle prime ore del mattino o addirittura di notte all’interno di terreni o ruderi in stato di abbandono e degrado, così come da indagini effettuate sul campo.

Si tratta, difatti, di una vera e propria attività lavorativa illecita, che consta di diversificate fasi: 1) reperimento di qualsiasi materiale o bene [raccolta e trasporto] – 2) cannibalizzazione e/o smontaggio [gestione] – 3) bruciatura con i cd roghi tossici [smaltimento] – 4) recupero e vendita nel mercato nero.

L’attività di interesse per la p.g. è la fase di raccolta in quanto, dagli accertamenti eseguiti, è venuto alla luce l’ingegno di taluni soggetti nel sapersi ben adoperare, nella medesima fase, ponendosi in sostituzione del servizio pubblico nella raccolta degli ingombranti e dei R.A.E.E presso privati.

Difatti, tali soggetti, con tempistiche decisamente minori rispetto al servizio pubblico, riescono ad accreditarsi a gente comune, magari anche di ceto medio, nel proporsi a svuotare locali, cantine o garage, garantendo velocità di esecuzione senza inciampare in file o lungaggini burocratiche.

Questa attività di recupero ha dato vita ad un nuovo “lavoro” che, come ormai noto, prende il nome di “svuota cantine”.

I cd svuota cantine, oltre a conoscere il territorio in cui operano, conoscono esattamente le falle e le carenze del servizio pubblico e scaltramente, anche con pochi euro, riescono a colmare questa grave carenza per aprire una strada piena di illeciti a discapito dell’ambiente.

La polizia giudiziaria ambientale, in generale, si è adoperata in tal senso e la certezza normativa data dall’introduzione dell’art.256 bis ha fornito garanzia e convinzione nell’applicazione della norma.

Nel corso degli anni, le attività sono state caratterizzate da una svolta tecnologica delle stesse indagini sui roghi tossici e sugli eco reati che ha indubbiamente elevato il livello e gli standard delle attività di indagine.

Il potenziamento degli impianti di video sorveglianza e la presenza diffusa dei lettori di targa nei centri abitati da una parte, con l’utilizzo dei sistemi di foto trappolaggio e di droni dall’altra, ha specializzato la polizia giudiziaria ambientale nell’attività di individuazione di questi soggetti e consegnarli alla giustizia.

La tecnologia rappresenta un validissimo aiuto al monitoraggio dei veicoli utilizzati nelle fasi di raccolta, trasporto e gestione dei rifiuti che solitamente precede la fase di smaltimento illecito in quanto consente alla P.G. di raccogliere tutti gli elementi probatori nella fase delle indagini preliminari in modo da fornire all’Autorità Giudiziaria un quadro chiaro degli illeciti.

Un grande ruolo in questa partita viene assunto dai Comuni che, anche grazie ai numerosi finanziamenti ricevuti a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n.14/2017, hanno creduto e investito nei sistemi di video sorveglianza dotando i propri Corpi di Polizia Locale degli strumenti necessari che consentono non solo di indentificare gli autori di tali reati ma anche di mantenere un’attività di controllo e monitoraggio costante del territorio di competenza.

D’altro canto, i Comuni, in sinergia con le Regioni, hanno l’obbligo di intervenire con una mappatura dei propri territori al fine di avere un costante monitoraggio delle micro discariche e adoperarsi con tempestivi interventi di bonifica. In queste situazioni la presenza precisa e puntuale delle istituzioni può fungere da ottimo deterrente.

Il 256 bis, con l’aiuto delle nuove tecnologie, ha, di fatto, avviato una nuova frontiera investigativa che sta portando ottimi risultati nel contrasto alla combustione illecita di rifiuti ma per ridurre quel gap creato dai ritardi normativi risulta essenziale, se non doveroso, un interesse di tutte le istituzioni territoriali che veda l’impegno e la partecipazione responsabile di tutti gli attori locali in campo che lavori, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, in sinergia con la polizia giudiziaria ambientale.

[1] Il delitto di combustione illecita di rifiuti, di cui all’art. 256bis, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 punisce la combustione illecita dei soli «rifiuti abbandonati ovvero depositati in modo incontrollato». Il riferimento, dunque, è alle condotte richiamate nell’art. 255, comma 1 (e 256, comma 2) d.lgs. 152/2006 e, per il principio di tassatività, non può estendersi a rifiuti che siano oggetto di forme di gestione autorizzata o comunque lecita. 

[2] www.dirittoambiente.net.

[3] L’articolo 674 c.p. punisce tra l’altro chiunque, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissione di fumi ecc. Orbene quello in questione è senza dubbio un caso non consentito dalla legge, giacché l’incenerimento di accessori e parti di autovetture senza alcuna autorizzazione è vietato dalla legge e configura un fatto idoneo a molestare le persone. Invero con il termine molestia alla persona si intende ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio e disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano. La prova del disagio si trae dalla stessa denuncia dei vicini di cui si da atto nella sentenza. Per la configurabilità della contravvenzione non si richiede un effettivo nocumento alle persone. L’accertamento del superamento dei limiti di tollerabilità fissati da leggi speciali rileva allorché il fatto viene commesso da soggetto in possesso di regolare autorizzazione e non pure quando l’incenerimento del tutto abusivo, come nella fattispecie. Cass. Sez. III n. 10269 del 9 marzo 2007

[4] Cass. pen., sez. 3, 17 novembre 2017 (dep.), n. 52610, in www.dirittoambiente.net.

 




Abbandona rifiuti nell’area protetta dei monti picentini: scoperto dalla Polizia Municipale di Lioni sanzionato e costretto a ripulire l’area .

  • Regione Campania , Lioni ( AV) Parco dei Monti Picentini Abbandonare rifiuti in area protetta anche da parte del privato cittadino può comportare un Illecito Penale ( Dott. Giuseppe Aiello,, C.te P.M. Lioni) 
  • vedi il https://youtu.be/QGZQwyTNp7kfilmato

Grazie ad una segnalazione di un privato cittadino la Polizia Municipale di Lioni , guidata dal Dott. Giuseppe AIELLO, è riuscita, in brevissimo tempo, in data 17 dicembre, ad individuare l’autore di un abbandono di ingenti quantità di rifiuti lasciati in una delle aree più belle dell’area protetta dei Monti Picentini in c.da Oppido alla località Cupa, lungo la strada che porta da Lioni al Lago di Laceno.

E’ basta una telefonata per risolvere un grosso problema ambientale che avrebbe potuto avere conseguenze ben più pesanti sul fronte ambientale. Infatti, la Polizia municipale, dopo aver appreso della presenza di una enorme quantità di rifiuti abbandonati nella citata località ha provveduto ad attivare le indagini ricorrendo anche all’aiuto di un sofisticato sistema di video sorveglianza implementato da telecamere professionali della tipologia fototrappole, di cui è ampiamente dotato il Comune e che all’occorrenza vengono installate nei punti di maggiore criticità e vulnerabilità.

http://www.primativvu.it/lioni-abbandona-rifiuti-in-area-protetta-denunciato-e-costretto-a-ripulire/

L’utilizzo di detti sistemi avviene nel pieno rispetto della normativa sulla Privacy che permette agli organi di PG, in deroga dalla normativa di tutela dei dati sensibili, di poter installare telecamere per  scongiurare abbandoni di rifiuti e il realizzarsi di discariche abusive. Infatti, i luoghi sui quali sono stati rinvenuti i rifiuti abbandonati si presentavano come una vera e propria discarica ingombrati da ben oltre 35 bustoni e diversi contenitori pieni di rifiuti Urbani eterogenei ( bottiglie di plastica, carta cartone , scatolame in alluminio, indumenti usati ed apparecchiature elettroniche scarti alimentari ecc.) .

 

vedi il filmato    http://www.primativvu.it/lioni-abbandona-rifiuti-in-area-protetta-denunciato-e-costretto-a-ripulire/

L’enorme quantità di rifiuti ha fatto subito pensare all’utilizzo di un veicolo di una certa portata (compatibili con quelli immortalati dalle telecamere di sorveglianza installate lungo il percorso). Dall’ispezione dei sacchetti contenti i rifiuti, da parte degli agenti, sono inoltre emersi validi e plurimi elementi che hanno permesso la identificazione del produttore dei rifiuti risultato un uomo di anni 63 che da qualche anno, proveniente dalla verde Svizzera, risiede a Lioni. Prontamente rintracciato dagli agenti e condotto nei locali del Comando pressato da tutti gli elementi di prova non ha potuto non ammettere la propria responsabilità innanzi al Comandante Dott. Giuseppe Aiello titolare dell’indagine che ha così potuto chiudere velocemente il caso. L’uomo ha dichiarato di aver noleggiato un furgone e trasportato dal centro di Lioni fino alla contrada Oppido, per oltre 4 km, tutti i rifiuti accumulati all’interno della propria abitazione da mesi, lasciandoli lungo la stradina comunale, riferendo altresì di non essersi servito per tutto questo tempo della raccolta porta a porta.

Nei confronti del responsabile sono subite scattate le prime procedure punitive che, in base al Codice dell’Ambiente, essendo l’abbandono commesso da un privato non costituisce illecito penale ma  prevede una semplice sanzione amministrativa che va da 300 a 3.000 euro ad ogni buon conto la misura è stata accompagnata dall’ ordinanza Sindacale, immediatamente firmata dal Sindaco Yuri Gioino, ha comportato la rimozione immediata dei rifiuti e la pulizia del sito da parte dello stesso trasgressore al quale è stato imposto di intervenire nuovamente e tempestivamente prima che i rifiuti potessero essere dispersi sui luoghi. Il trasgressore ha dovuto per questo noleggiare un altro furgone ma, questa volta per la pulizia dell’area con il prelievo, la differenziazione e il conferimento  dei rifiuti al centro comunale di raccolta.

 

vedi il filmato             https://youtu.be/QGZQwyTNp7k

 

Purtroppo le pene previste per chi abbandona rifiuti sono troppo blande, come si è detto per i privati una semplice sanzione amministrativa, spesso chi abbandona rifiuti per strada riesce  a farla franca evitando di pagare il dovuto perché appartengono alla comunità dei tanti che non hanno nulla da perdere ( o che nascondono bene le proprie ricchezze)  e per questo ogni tentativo di prelevare dalle loro tasche il dovuto per saldare il conto con la giustizia è assolutamente inutile.

   La P. Municipale ha , per questo, voluto mettere in evidenza il pregio naturalistico dell’area su cui sono stati abbandonati i rifiuti che ricade all’interno dei Monti Picentini istituito con D.d. C. Della Regione Campania n. 1539 del 24.4.2003, luoghi che sono muniti di una maggiore tutela ambientale, rispetto ad altri in cui è possibile ipotizzare violazioni di rango penalistico. Proprio per questo si è voluto considerare l’abbandono dei rifiuti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico  e pertanto in conseguenza di detta violazione il trasgressore ha comportato l’ imbrattamento del suolo e dell’intera area circostante di grande pregio naturalistico ed ambientale  rendendo i luoghi sudici con senso di disgusto e di ripugnanza nei cittadini che ivi si recano comportando così l’alterazione ed il  deturpamento delle bellezze naturali costituiti dalla flora sottoposta a particolare tutela dalle disposizioni istitutive del Parco Regionale dei Monti Picentini.  Sono stati ipotizzati . a carico del trasgressore, i seguenti reati: art. 734 c.p. (distruzione e deturpamento delle bellezze naturali)/ Art 639 C.P. deturpamento o imbrattamento di cose altrui;  che verranno valutati dall’Autorità Giudiziaria con conseguenze più pesanti a carico del responsabile dell’abbandono.  Il Comandante Dott. Giuseppe Aiello, ha voluto precisare che nonostante la grave carenza di organico cui è soggetto il Comando, si è riusciti durante l’anno 2020 , grazie all’impegno di tutti i componenti della Polizia municipale, ha portare a termine con successo altri 15 casi similari.

Grande soddisfazione è stata espressa dal Sindaco di Lioni che ha voluto ringraziare la Polizia municipale per la professionalità e lo spirito di collaborazione dimostrata soprattutto in questi mesi di emergenza.  La lotta contro gli abbandoni reiterati e sistematici di rifiuti continuerà senza tregua e di certo a Lioni gli occhi degli agenti, delle telecamere e del drone resteranno accesi anche nei prossimi giorni. .

Lioni lì 18.12. 2020                                                L’addetto Stampa                                                                                




QUESITO: SiI PUO RIMUOVERE UN Veicolo fuori uso abbandonato in area condominiale sottoposto a fermo amministrativo ?? Risponde Giuseppe Aiello.A

Veicolo fuori uso abbandonato in area condominiale sottoposto a fermo amministrativo: Analisi , Soluzioni e modulistica

di Giuseppe Aiello

(Comandante della Polizia Municipale di Lioni AV )

IL presente mio intervento prende spunto dal sotto indicato quesito:

Segnalo per una sua opinione quanto segue:

un inquilino del palazzo in cui siamo quasi tutti proprietari, da anni mantiene un relitto ovvero un furgone arrugginito, pieno di letame, foglie e sporcizia, sulla rampa di accesso alla palazzina. Sostiene  per ripicca a noi che chiediamo di toglierlo che ci sia un fermo amministrativo  e di non avere i documenti per spostarlo.  Poichè, ai sensi del D.Lgsvo 152/2006, ritengo si tratti di rifiuto pericoloso e, inoltre, di elemento che distrugge il decoro delle nostre abitazioni occludendo anche la vista e lo spazio di manovra, chiedo il da farsi. Attendo suo riscontro. Dott.ssa G. C.”

RISPOSTA

Per dare una  risposta esaustiva al quesito che viene posto è necessario chiarire 3 aspetti fondamentali della questione, il primo riguarda la gestione delle auto abbandonate e le differenti disposizioni normative , la seconda l’utilizzo degli spazi condominiali comuni e la terza la possibilità o meno di rottamare un’auto sottoposta a fermo amministrativo.  In ultimo le conclusioni e le possibili soluzioni al problema.

La gestione delle auto abbandonate

Per prima cosa è necessario chiarire che è vietato lasciare la propria autovettura in una qualunque area di sosta, anche in quella condominiale,  per mesi, anni  tanto che l’autovettura risulti poi  “in pessimo stato di conservazione e priva di vari componenti”, di fatto abbandonata. Secondo il D.Lgs 209/2003 e più precisamente l’art. 3 comma 2 lettera D, un veicolo può classificarsi fuori uso, quindi rifiuto ai sensi dell’art 183 c 1 let. a del D.lgs 152/2006, quando ancorché giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono. Un’auto abbandonata viene considerata un rifiuto speciale  pericoloso anche se è ancora dotata di targa (Cassazione III sezione penale sentenza numero 6667 del 20 dicembre 2011, pubblicata il 20 febbraio 2012).  la Suprema Corte di cassazione sez. III con sentenza n. 11030 del 16 marzo 2015 individua – in maniera conforme rispetto alla pregressa e successiva giurisprudenza – le ipotesi in cui un veicolo può considerarsi fuori uso, ossia:

– quando il proprietario se ne disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsene;
– veicolo ufficialmente privato della targa (anche prima della consegna al centro di raccolta);

– veicolo che risulti in evidente stato di abbandono, anche su area privata.

Peraltro, i giudici nelle motivazioni della sentenza, su citata, rilevano che la condizione di rifiuto non può essere “del tutto esclusa” nemmeno con riferimento ai veicoli sottoposti a sequestro quando questi, per le modalità con cui sono detenuti, “siano da considerare obiettivamente destinati all’abbandono”. Si tenga ancora presente che secondo altra pronuncia della Corte Suprema rientrano nella nozione di rifiuti speciali i veicoli a motore, i rimorchi e loro parti e che a tal fine è necessario che si tratti di mezzi non più usabili come tali, anche se ancora non privi di valore economico. È cioè sufficiente che si tratti di oggetti abbandonati o destinati all’abbandono, non nel senso di “res nullius”, bensì in quello traslato – funzionale di cosa (o parte di cosa) non più idonea allo scopo per il quale era stata originariamente costruita (Sez. 3, n. 4362 del 18/03/1991, Gallello, Rv. 186811).   Quindi si ritiene che la condizione di rifiuto, ossia di veicolo fuori uso, da parte di un’auto abbandonata non possa venir meno con la condizione di essere sottoposta a fermo amministrativo e detenuta in area condominiale.

La disciplina dei veicoli abbandonati viene sostanzialmente rinvenuta in due distinte disposizioni normative:

D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso);

D.lgs  3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);

Il D.lgs 209/2003 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) possiamo definirlo come la normativa quadro in materia, esso  si occupa della disciplina dei veicoli fuori uso, prevedendo un apposito regime sanzionatorio,  limitatamente ai veicoli a motore appartenenti alle categorie M1 (veicoli destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente) ed N1 (veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5), di cui all’allegato II, parte A, della direttiva 70/156/CEE[1], ed i veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla direttiva 2002/24/CE, con esclusione dei tricicli a motore.

Il D.lgs 152/2006 (Norme in materia ambientale) si occupa in modo residuale dei veicoli fuori uso limitandosi a trattare quegli aspetti  per i quali non trova applicazione il D.lgs 209/2003. Nella Parte IV del T.U.A. l’art 231 è dedicato ai Veicoli fuori uso non disciplinati dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 ( quindi si applica per tutte le fattispecie che riguardano  i veicoli diversi, da quelli destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e veicoli diversi da quelli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5).

Gli spazi condominiali comuni

[1] La direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, ha subito diverse e sostanziali modificazioni. In occasione di nuove modificazioni è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua rifusione.

La seconda questione che emerge dalla richiesta riguarda l’uso degli spazi condominiali per la sosta esclusiva da parte di uno specifico condomino che , nel caso di specie,  detiene, su area in comune, addirittura un relitto ovvero un furgone arrugginito, pieno di letame, foglie e sporcizia sottoposto a fermo amministrativo.

E’ considerata pacifica, in giurisprudenza, l’utilizzabilità a parcheggio del cortile comune, tra le cui destinazioni accessorie, oltre a quella principale di dare aria e luce alle varie unità immobiliari, “rientra quella di consentire ai condomini l’accesso a piedi o con veicoli alle loro proprietà, di cui il cortile costituisce un accessorio, nonché la sosta anche temporanea dei veicoli stessi, senza che tale uso possa ritenersi condizionato dall’eventuale più limitata forma di godimento del cortile comune praticata nel passato” (Cass. n. 13879/2010).  L’area sulla quale è detenuto il veicolo in questione è di proprietà del condominio, e come tutti i beni condominiali, il suo utilizzo è regolato dall’art. 1102 cod. civ. in base al quale ciascun condomino è libero di utilizzare gli spazi comuni – in quanto anche propri, in base ai millesimi – purché non ne alteri la destinazione e non impedisca anche agli altri condomini di farne «pari uso».

Bisogna a tal punto evidenziare, così come rappresentato in giurisprudenza, (Cass. sent. 21/05/1994, n. 4996; 9 dicembre 1988, n. 6673; 14 dicembre 1988, n. 6817; 16 febbraio 1977, n. 697; n. 23660/2016) che il parcheggio, da parte del condomino della propria autovettura per lunghi periodi di tempo su una porzione del cortile comune, costituisce abuso agli effetti dell’articolo 1102 del Codice civile, in quanto, impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà. I cortili ed esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c. (Cass. 8 marzo 2017, n. 5831), e il loro utilizzo esclusivo a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, fa venire meno la funzione dell’area comune. Il cortile del condominio quindi non può essere usato come area di sosta permanente di veicoli fuori uso resi tali perché in evidente stato di abbandono anche se sottoposti a fermo amministrativo. Nei casi di abusi commessi dai condomini sulle cose comuni, così come il caso rappresentato, i condomini possono esigere che l’Amministratore intervenga a tutela avendo lo stesso a disposizione sostanzialmente tre strumenti:

a) La sanzione condominiale;

b) Il ricorso all’Autorità Amministrativa ovvero segnalare agli organi di controllo l’abuso commesso;

c) Il ricorso all’Autorità Giudiziaria;

Se l’Amministratore consente che si verifichino abusi condominiali senza intervenire, viene meno ai suoi compiti e può essere sostituito dall’assemblea condominiale. La decisione spetta comunque alla maggioranza dei condomini. Indipendentemente da ciò, qualunque condomino ha diritto di usare gli strumenti del ricorso all’Autorità Amministrativa e del ricorso all’Autorità Giudiziaria contro abusi condominiali.

Il fermo amministrativo del veicolo

In relazione al fatto che il proprietario asserisca che, sul veicolo lasciato in area condominiale,  ci sia un fermo amministrativo  e di non avere i documenti per spostarlo è bene precisare quali siano le disposizioni che regolano la procedura del fermo amministrativo del Veicolo Abbandonato.

Il fermo amministrativo è un atto con il quale le amministrazioni o gli enti competenti (Comuni, INPS, Regioni, Stato, ecc.), tramite i concessionari della riscossione, “bloccano” un bene mobile del debitore iscritto in pubblici registri (ad esempio autoveicoli) o dei coobbligati, al fine di riscuotere i crediti non pagati che possono riferirsi a tributi o tasse (può trattarsi di un credito di varia natura, ad esempio, un mancato pagamento IVA, IRPEF, Bollo auto, ICI, ecc.) oppure a multe relative ad infrazioni al Codice della Strada. Il procedimento legato al fermo di un veicolo è disciplinato dal Titolo II del d.P.R. n. 602/1973, intitolato “Riscossione Coattiva”, e capo II, intitolato “Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati”. L’art. 3, al co. 41, del Decreto Legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella Legge n. 248/2005, statuisce che il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.M. n. 503/1998.

 Il fermo amministrativo comporta:

Divieto di circolazione per un determinato periodo;

Divieto di demolizione, esportazione o radiazione del veicolo;

Divieto di circolazione e radiazione, anche in caso di vendita del veicolo; o Eventuale vendita forzata del veicolo da parte di Equitalia, in caso di difetto di pagamento.

Il veicolo sottoposto a Fermo Amministrativo è soggetto al divieto di rottamazione e di vendita e quindi non può circolare, non può essere radiato dal PRA, esportato o rottamato, esso deve essere custodito in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ad esempio garage o cortile privato ecc.. Si precisa che non è possibile demolire un veicolo se è iscritto un fermo amministrativo anche se lo stesso è interessato dall’annotazione della sospensione del fermo amministrativo che è bene precisare consente la circolazione del veicolo, ma non consente l’esecuzione della pratica di radiazione per demolizione. Il divieto di radiazione dei veicoli con fermo amministrativo, secondo quando riportato dall’ACI, non si applica nei seguenti casi:

il veicolo ha subito danni ingenti o è andato distrutto (per es. per incendio, incidente stradale, calamità naturale ecc.). Occorre allegare alla richiesta una dichiarazione di un’autorità pubblica competente attestante la non utilizzabilità del veicolo

richiesta proveniente da altra Pubblica Amministrazione

certificato di rottamazione con data antecedente all’iscrizione del fermo amministrativo

nulla osta alla demolizione rilasciata dallo stesso Concessionario che ha iscritto il fermo amministrativo.

 IL proprietario di un veicolo sottoposto a Fermo Amministrativo per poter demolire la propria autovettura può scegliere di:

A) saldare completamente la propria posizione debitoria;

B) Dimostrare che veicolo abbia subito danni ingenti o è andato distrutto (circolare ACI prot. 11454 del 16 settembre 2009);

La circolare n°10649 del 01/09/09 della Direzione Centrale dei Servizi Delegati ACI-PRA di Roma , impartisce a tutti i Pra d’Italia, di non dare seguito alle radiazioni di autoveicoli, se su di essi grava un Fermo Amministrativo. Nella stessa circolare si precisa però:<< che per i veicoli soggetti a fermo amministrativo, che abbiano subito danni ingenti o siano addirittura andati distrutti (ad esempio, incendi, incidenti stradali, calamità naturali, ecc.), possono essere radiati, a condizione che alla richiesta di radiazione sia allegata una dichiarazione di un’Autorità competente, attestante la non utilizzabilità del veicolo. Parimenti possono essere accolte le richieste di radiazione di veicoli oggetto di gravame provenienti da una P.A. (Prefettura, Agenzia del Demanio, Protezione Civile, etcc,)>>.

Conclusione e soluzioni

Con riferimento alla presenza di un relitto ovvero un furgone arrugginito, pieno di letame, foglie e sporcizia, abbandonato in area condominiale si ritiene che possano individuarsi profili di irregolarità alle disposizioni di cui al D.lgs 209/2003  nonché al D.lgs 152/2006 a seconda della tipologia di veicolo.  Ad ogni buon conto l’amministratore del condominio, di propria iniziativa o a segnalazione dei condomini interessati potrà, in prima battuta, diffidare il proprietario del veicolo fuori uso abbandonato a rimuovere lo stesso a tutela dell’ uso e della gestione degli spazi comuni nel caso di inadempimento l’amministratore dovrà  attivare le procedure sanzionatorie previste, non ultimo la segnalazione agli organi di controllo.

A seguito della segnalazione da parte dell’amministratore ad un organo di controllo è bene precisare che gli stessi, in via generale, non potranno applicare il D.M. 22-10-1999 n. 460 (Regolamento recante disciplina dei casi e delle procedure di conferimento ai centri di raccolta dei veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e di quelli acquisiti ai sensi degli articoli 927-929 e 923 del codice civile) se l’area in questione è un’area privata non soggetta ad uso pubblico. In tal caso l’organo di controllo potrà avviare la procedura di rimozione in considerazione che l’art 192 del D.lgs 152/2006 vieta l’abbandono e il deposito incontrollato del rifiuto essendo tale il veicolo fuori uso.  Di certo, a prescindere dalle violazioni che verranno applicate in base alle due diverse disposizioni ( D.lgs 209/2003 e/o D.lgs 152/2006), gli organi di controllo dovranno segnalare il fatto all’autorità Amministrativa ( Sindaco) il quale dovrà emanare ai sensi dell’art. 192 citato l’ordinanza di rimozione e smaltimento del veicolo. L’inottemperanza a tale disposizione comporterà la denuncia all’A.G. competente con conseguente sanzione di cui all’art 255 c. 3 del D.lgs 152/2006 che prevede l’arresto fino ad un anno. Il proprietario del veicolo fuori uso , in deroga alle disposizioni che vietano la radiazione delle auto sottoposte a fermo amministrativo,  potrà anche prima dell’avvio della procedura coattiva di cui all’art 192, come previsto, dalla circolare n°10649 del 01/09/09 della Direzione Centrale dei Servizi Delegati ACI-PRA di Roma, richiedere una dichiarazione di all’Autorità competente, attestante la non utilizzabilità del veicolo e così avviare a demolizione il proprio veicolo.

29.11.2020   Dott. Giuseppe Aiello

*..Dott. Giuseppe Aiello, Comandante della Polizia Municipale di LIONI (AV)
Docente e consulente  in Ambiente della scuola di giuridica di formazione DIRITTOITALIA / Scuola Regionale P.L. Campania . Si occupa in particolare della tutela ambientale gestione dei rifiuti tecnica investigativa Ambientale, istituzione del servizio di ispettori ambientali comunali  ed organizza, in qualità di docente, in queste specifiche materie, appositi corsi di formazione ed aggiornamenti riservati addetti ai controlli, appartenenti alla  Polizia Locale, GAV , consulenti ambientali responsabili della gestione dei rifiuti, organizzati da in proprio o da ENTI pubblici e privati.
E’  relatore in numerosi convegni sulla tutela ambientale direttore della rivista telematica www.marcopolomagazine.it scrive su www.dirittoitalia.it

Per contatti diretti : giuseppeaiello.1@libero.it  / email:info@marcopolomagazine.it

 

ALLEGATI

Tratti dal manuale POL AMBIENTE di Giuseppe Aiello  utilizzato dall’autore nei corsi di formazione ed aggiornamento in tecniche investigative di tutela ambientale

 

 

All.to 1

Al Comando di Polizia Municipale di

_____________

 

Oggetto: Richiesta attestato per demolizione auto sottoposta a fermo amministrativo

 

Io sottoscritto   ___________ nato a ______________ il   ______________ e residente  in _____________via  __________ n. 84, Proprietario del veicolo targato  ____________ marca ____________, sottoposta a fermo ammnistrativo e custodito  dall’anno __________ presso la mia proprietà sita in ______________________, al fine di procedere alla demolizione dello stesso  e poter di conseguenza effettuare la relativa radiazione come previsto dalla Circolare A.C.I. prot. DSD/0011454/09 del 16 settembre 2009 dall’inequivocabile titolo “Divieto di radiazione per i veicoli gravati dal fermo amministrativo”

CHIEDO

che mi venga rilasciato un  attestato di non utilizzabilità del veicolo in considerazione dello stato in cui versa lo stesso essendo in evidente stato di abbandono e, a seguito del protratto deposito all’aperto e all’ avversità atmosferiche, nonché per atti vandalici subiti, è fortemente ( ) danneggiato ( ) distrutto

 

IL RICHIEDENTE

 

Tratto da manuale POLAMBIENTE di Giuseppe Aiello  utilizzato dall’autore nei corsi di formazione ed aggiornamento in tecniche investigative di tutela ambientale

www.marcopolomagazine.it

 

 

 

Allegato n  2

 

OGGETTO: SCHEDA DI CONSTATAZIONE  DI NON UTILIZZABILITA’ DEL VEICOLO

Circolare n°10649 del 01/09/09 la Direzione Centrale dei Servizi Delegati ACI-PRA

 

RICHIEDENTE: _____________________, nato a __________________ il ___ / ___ / ______ e residente in ____________________________ via ____________________ N.________________

In data _______ , luogo ______________________ i sottoscritti ___________________________, appratenti al Comando in intestazione , facendo seguito alla istanza posta dal richiedente in oggetto indicato relativa al rilascio di attestazione di non utilizzabilità del veicolo sotto indicato gravato da Fermo Amministrativo da parte di __________________________ ai fini della presentazione dell’istanza di cancellazione dal Pubblico Registro Automobilistico danno atto di procedere alla presente verbalizzazione dopo aver effettuato ispezione dei luoghi e visonato il seguente veicolo:

 

Categoria: Marca: Modello:
Targa: Telaio: Colore:

 

Attestano di aver rinvenuto lo stesso in località _____________________  in area  pubblica  privata di proprietà del Sig. ______________ _____________________, nato a __________________ il ___ / ___ / ______ e residente in ____________________________ via ____________________ N.________________

  • Che tale veicolo visibilmente presenta  danni ingenti danni  distrutto

provvisto  sprovvisto della targa anteriore e posteriore,

in evidente stato di abbandono con fermo sin dal ___________  mancante delle seguenti parti:

Carrozzeria_________________________________________________________________________________;

Motore_______________________________________________________________________;

Pneumatici__________________________________________________________________________________;

Che il veicolo sopra indicato, in base al proprio stato d’uso e di conservazione è da considerarsi:

utilizzabile  non più utilizzabile   Rifiuto

__________________________________________ ;

 

Il presente verbale viene rilasciato ai sensi della Circolare n°10649 del 01/09/09 la Direzione Centrale dei Servizi Delegati ACI-PRA

 

 

GLI AGENTI ACCERTATORI

 

Tratto da manuale POLAMBIENTE di Giuseppe Aiello  utilizzato dall’autore nei corsi di formazione ed aggiornamento in tecniche investigative di tutela ambientale

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All.to 3

 

 

Prot. _____________

 

OGGETTO: ATTESTATO di non utilizzabilità del veicolo. Gravato da fermo amministrativo e trovato in evidente stato di abbandono .

 

Il sottoscritto Comandante ________________, responsabile del Settore Polizia Municipale del Comune di ______________ ;

 

Vista la richiesta prot. 15808 presentata in data _____________ dalla Sig.ra __________________ nata a ______________ il  __________ e residente  ____________ n. 157 , Proprietaria del veicolo targato  ____________ “modello   ”, sottoposto a fermo ammnistrativo e custodito  dall’anno ___________ presso la sua proprietà sita in Lioni ;

 

Considerato che la citata richiesta è finalizzata al rilasciato di  attestato relativo “allo stato in cui versa il veicolo in questione essendo lo stesso in evidente stato di abbandono e, a seguito del protratto deposito all’aperto e all’ avversità atmosferiche, nonché per atti vandalici subiti, è fortemente danneggiato e inutilizzabile e privo di valore commerciale”.

 

Viste le Circolari A.C.I. prot. n. 10649 del 01/09/09 e la successiva prot. n. DSD/0011454/09 del 16 settembre 2009, dall’inequivocabile titolo “Divieto di radiazione per i veicoli gravati dal fermo amministrativo”, emessa per fornire alcune precisazioni di dettaglio rispetto alla possibilità di effettuare la radiazione per i veicoli gravati dal fermo amministrativo a condizione che alla richiesta di radiazione sia allegata una dichiarazione di un’Autorità competente, attestante la non utilizzabilità del veicolo;

 

Effettuati i relativi accertamenti e riscontri scheda di rilevazione Prot. ______ del _________ prot;

 

Visto il D.lgs 267/ 2000

 

A  T  T  E  S  T  A

 

Che  il veicolo targato  _________ “_________” è stato trovato in evidente stato di abbandono e, a seguito del protratto deposito all’aperto e all’ avversità atmosferiche, nonché per atti vandalici subiti, è fortemente danneggiato ed inutilizzabile. Si rilascia per gli usi consentiti dalla legge come previsto dalle circolari ACI prot. n. 10649 del 01/09/09 e DSD/0011454/09 del 16 settembre 2009  .

“Il  presente  certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”.(lett. c-bis del comma 2, dell’articolo 74, del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, introdotta dall’articolo 15 della Legge 12 novembre 2011, n. 183).

 

Data                                    IL COMMANDANTE

 

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