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Il lavoro che di seguito vi propongo, riguarda la mancata rimozione di amianto da immobile Comunale, prende spunto da un quesito formulatomi da appartenenti ad un Comando di Polizia Locale che sinteticamente viene così di seguito riportato .
IL CASO
“ L’ ASL, a seguito di ricorso, segnala al Comune la presenza di potenziale pericolosità derivata da materiali in amianto presenti su due manufatti, uno dei quali di proprietà dello stesso Comune. Tale pericolosità dipende dalla possibilità, valutata dai tecnici, che dai materiali contenenti amianto presenti sulle strutture vengano rilasciate fibre aerodisperse nell’ambiente che possono venire inalate da chi frequenta detti luoghi . Il Comune ha provveduto ad ordinare ai proprietari degli immobili la rimozione del materiale in amianto e di conseguenza gli stessi hanno ottemperato al disposto Sindacale eliminando il pericolo, mentre l’immobile di proprietà del Comune non è stato bonificato proprio per inerzia della Pubblica Amministrazione. L’esponente (destinatario dell’ordinanza) chiede informazioni alla Polizia Municipale.
Come comportarsi???
Risposta :
La mancata rimozione dell’Amianto: la responsabilità del Comune
Purtroppo casi del genere, dovuti a pubbliche amministrazioni che vengono meno ai propri doveri, nel caso di specie mancata rimozione di materiale in amianto, accadono di frequente.
Infatti, nel quadro rappresentato dal quesito in esame, non sono solo i soggetti privati a venire gravati di precisi obblighi di intervento; esistono infatti, chiari doveri della Pubblica Amministrazione e dei suoi dipendenti posti a garanzia del funzionamento del sistema delineato dal legislatore, il cui rispetto è una precondizione fondamentale.
In questo caso, proprio la natura pubblica del soggetto titolare del bene sul quale vi è l’obbligo di intervento consente di richiedere un grado di diligenza superiore a quella che si richiederebbe a un soggetto privato nella medesima situazione, ritenendo esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative necessarie a impedire o quanto meno a limitare gli eventi contestati che hanno oltretutto ricaduta sulla salute pubblica.
Secondo il Consiglio di Stato, (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2020, n 6326; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2019, n. 3518), quando si tratta di un ente pubblico, istituzionalmente preposto alla gestione di un bene pubblico, non è sufficiente aver genericamente preso misure per evitare il verificarsi dell’evento, né aver adottato le misure richieste dalla diligenza media del buon padre di famiglia in quanto le stesse devono essere commisurate al ruolo di garanzia e di tutela che un ente pubblico deve avere nei confronti di beni e diritti la cui rilevanza è presidiata a livello costituzionale quali l’ambiente e la salute pubblica.
Senza ombra di dubbio, il Comune, proprietario dell’immobile, al pari del soggetto privato, è tenuto alla rimozione del pericolo derivante dalla presenza di materiale in amianto, l’omessa rimozione e/o attivazione del procedimento atto ad eliminare la fonte dell’inquinamento si traduce immediatamente in una precisa responsabilità del pubblico funzionario e del Sindaco che vi erano tenuti, in base alle rispettive competenze rivestite.
Gli impiegati dipendenti dalle Pubbliche amministrazioni possono infatti essere chiamati a rispondere del loro operato sul piano penale e anche patrimoniale davanti alla Corte dei Conti, a seguito di un giudizio civile che abbia condannato la P.A. al risarcimento di un danno procurato a terzi da un proprio dipendente (danno erariale indiretto), di un giudizio davanti al giudice amministrativo in cui la P.A. sia stata condannata a risarcire i danni causati a privati cittadini (danno erariale indiretto) ovvero quando, a seguito di una condotta commissiva o omissiva, il dipendente abbia cagionato direttamente un danno alla P.A. (danno erariale diretto).
Deve pertanto affermarsi che nel vigente ordinamento esiste un preciso obbligo dell’Amministrazione Comunale di tutelare la salute pubblica e nel caso di rimuovere, al pari dei soggetti privati, l’amianto presente su immobile di sua proprietà. Infatti, la bonifica dei siti contaminati, costituisce uno strumento necessario di tutela delle risorse ambientali e della difesa della salute umana, rivestendo un ruolo importante anche ai fini della valorizzazione del territorio. Al riguardo la Corte Costituzionale ha affermato che le attività di bonifica sono attinenti allo sviluppo economico della produzione agricola, dell’assetto paesaggistico e urbanistico del territorio e alla difesa del suolo intesa in senso lato (cfr. Corte cost. 1992, n. 66, in Giur. Cost., 1992, p. 362).
Si tenga presente che in materia di bonifiche dei siti inquinati l’art. 250 del D.lgs 152/2006 stabilisce che “qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano nè il proprietario del sito nè altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione.
In tema di responsabilità del sindaco per gestione illecita di rifiuti va considerata la distinzione operata dall’art. 107 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali fra i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo, e i compiti di gestione attribuiti ai dirigenti, che delinea un quadro generale di riparto di responsabilità, rispetto al quale la responsabilità del Sindaco o va rinvenuta in concreto, in ragione della adozione diretta di iniziative idonee a determinare un effettivo contributo alla gestione incriminata, oppure, in presenza di una gestione effettuata attraverso soggetti interposti, viene in rilievo attraverso il dovere di attivazione del sindaco allorché gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l’integrità dell’ambiente (Cass. Sez. III n. 13121 del 28 aprile 2020 (UP 6 feb 2020)
In particolare in tema di rifiuti, è stato precisato che, “anche a seguito dell’entrata in vigore dell’ordinamento degli enti locali (Dlgs 267 del 2000, e successive integrazioni), che ha conferito ai dirigenti amministrativi autonomi poteri di organizzazione delle risorse, permane in capo al sindaco sia il compito di programmazione dell’attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia il potere di intervento nelle situazioni contingibili e urgenti; sia il dovere di controllo sul corretto esercizio delle attività autorizzate.
Secondo pacifico orientamento giurisprudenziale << E’ responsabile del reato di omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), il sindaco che a fronte di reiterate denunce di organi pubblici nonchè di privati cittadini nell’arco temporale durato anni ha omesso di assumere qualunque iniziativa atta ad imporre al proprietario lo smaltimento di lastre di eternit (amianto) accatastate alla rinfusa ed all’aperto su di un terreno>> sentenza n.1657 del 16 gennaio 2020, Corte di cassazione VI sez.pen;
La responsabilità di cui all’art 328 c.p. travolge, oltre al Sindaco, anche il dirigente pubblico che non si adopera per eliminare il pericolo , in questo caso la responsabilità amministrativa, deve essere valutata in ordine alla possibilità per il dipendente pubblico di avere causato, mediante omissione o ritardo degli atti che l’ordinamento interno pone a sua disposizione.
L’inerzia della Pubblica amministrazione, dovuta all’ inadempienza ad obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, previsto dalla legge, potrebbe, come si è già sopra osservato, tradursi in responsabilità penalmente rilevante sia per il Sindaco che per il Dirigente preposto infatti le fattispecie poste a garanzia degli obblighi di bonifica sono molteplici:
L’ art. 257, D. Lgs. N. 152/2006, che sanziona «chiunque cagiona l’inquinamento […] se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato»
L’art. 452-terdecies, c.p. “Omessa bonifica”, sanziona il non adempimento all’obbligo di bonificare.
Il primo è un reato d’evento (superamento delle CSR), integrato poi dalla condotta difforme dal piano approvato o dall’impedimento della formazione dello stesso (ad esempio omettendo la comunicazione ex art. 242 o non attuando il piano di caratterizzazione, cfr. Cass. pen. Sez. IV, Sent. n. 29627/2016)
Il secondo più grave reato è integrato dalla mera condotta omissiva, posto che presupposto dell’obbligo di bonifica è comunque un superamento delle soglie di rischio
Il reato di omessa bonifica
Il reato di omessa bonifica configura un illecito di tipo omissivo, nel quale l’obbligo giuridico di procedere alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi può discendere dalla legge, dall’ordine del giudice o da un provvedimento di un’autorità pubblica. L’articolo 452 terdecies del codice penale, inserito con la legge 22/05/2015 n. 68, prevede che “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da € 20.000 a € 80.000”. Appare evidente che il delitto di cui all’art. 452 terdecies c.p. non si sovrappone con l’ipotesi contravvenzionale di cui all’ art. 257 del Dlgs 152/2006, comma 1, il quale prevede l’arresto da 6 mesi a 1 anno o l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro per chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr), se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli artt. 242 e seguenti.
L’art. 257 del Dlgs 152/2006, come modificato dalla legge n. 68/2015 ha introdotto una clausola di riserva “Salvo il fatto costituisca più grave reato”. Pertanto l’art. 257 predetto può trovare applicazione solo nell’ipotesi di un superamento delle soglie di rischio che non abbia raggiunto (quanto meno) gli estremi dell’inquinamento, ossia che non abbia cagionato una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dei beni (acqua, aria, suolo ecc.) elencati dall’art. 452 bis c.p. (inquinamento ambientale) e limitatamente ai casi dell’omessa bonifica che deve essere realizzata secondo il relativo progetto approvato. Pertanto ricadono nel nuovo reato di omessa bonifica di cui all’art. 452 terdecies c.p. tutte le altre differenti condotte omissive.
Occorre rilevare che l’art. 452 terdecies c.p., a differenza dell’art. 257 Dlgs 152/2006, imputa l’obbligo di bonifica non solo a chi è prescritto per legge, ovvero l’autore della contaminazione, ma anche a colui che ha ricevuto l’ordine dall’autorità pubblica o dal giudice e prevede la contestazione del delitto anche in caso di omesso ripristino e di omesso recupero dello stato dei luoghi. Pertanto tra le due norme sussiste necessariamente un rapporto di specialità.
CONCLUSIONE
Prima di dare seguito alla richiesta di accesso agli atti da parte del soggetto interessato (che ha ottemperato all’Ordinanza di rimozione) è opportuno rivolgere formale richiesta all’ ufficio Ambiente del Comune e al Sindaco per conoscere il nominativo del responsabile del procedimento e le ragioni che sin alla data odierna non hanno permesso di rimuovere il materiale in amianto. La nota, e la conoscenza di diretti interessati al procedimento, potrebbe agire quale stimolo ad adempiere per entrambi i soggetti. Logicamente il delitto di omessa bonifica di cui all’art. 452 terdecies c.p è reato perseguibile d’ufficio e come tutti i procedimenti similari devono essere portati alla conoscenza dell’A.G. .
*..Dott. Giuseppe Aiello, Comandante della Polizia Municipale di LIONI (AV)
Docente e consulente in Ambiente della scuola giuridica di formazione DIRITTOITALIA / Scuola Regionale P.L. Campania, ecc.. Si occupa in particolare della tutela ambientale gestione dei rifiuti tecnica investigativa Ambientale, istituzione del servizio di ispettori ambientali comunali ed organizza, in qualità di docente, in queste specifiche materie, appositi corsi di formazione ed aggiornamenti riservati addetti ai controlli, appartenenti alla Polizia Locale, GAV , consulenti ambientali responsabili della gestione dei rifiuti, organizzati in proprio o da ENTI pubblici e privati. E’ relatore in numerosi convegni sulla tutela ambientale direttore della rivista telematica www.marcopolomagazine.it scrive su www.dirittoitalia.it
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